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Cosa ci ha spinto, originariamente, a progettare e a realizzare il Rapporto sul Ben-vivere dei territori italiani? Innanzitutto, la necessità culturale di "complicare l’economia", come avrebbe detto Albert Hirschman. La necessità di rendere più preciso nei dettagli e, al tempo stesso, più ampio il quadro di ciò che definisce le finalità, le aspirazioni, il senso di una comunità e dei suoi membri. Nel tentativo di superare l’angusta precisione delle misure esclusivamente monetarie, negli ultimi anni si è venuta a formare una ricca batteria di misure alternative, come il Bes – il Benessere equo e sostenibile – o come i vari indicatori di sviluppo umano, di progresso "genuino", di felicità, di benessere soggettivo, di "vita migliore", e molti altri. Il principale pregio di questi indicatori, e di tutto il dibattito che ne ha alimentato la creazione, è stato, probabilmente, quello di aver evidenziato la natura multidimensionale del ben-essere umano, fatto, certamente, di accesso alle risorse, ma anche di relazioni, di fiducia, di diritti e salute, di ambiente e perfino di bellezza. Con questo rapporto vengono esplicitati due ulteriori elementi che riteniamo essenziali nella comprensione di ciò che determina e accompagna un’autentica fioritura umana: la dimensione della generatività e quella del ben-vivere. L’importanza di questi due aspetti è legata, nella mia lettura, al fatto che essi costituiscano elementi necessari e fondanti di quello che è il punto centrale nella vita di ciascuno di noi: la ricerca e la scoperta di un senso, della direzione e della finalità del nostro agire.
Il tema della generatività, così come elaborato inizialmente da Erik Erikson e sviluppato nell’ambito di una consolidata tradizione italiana, si fonda su quattro movimenti dell’esistenza: desiderare, far nascere, accompagnare, lasciar andare. In questo senso il "generare", viene a rappresentare una forma matura e consapevole di libertà. Come scrivono Mauro Magatti e Chiara Giaccardi: «La generatività consente di delineare una direzione di senso non puramente autoreferenziale ma aperta allo scambio intersoggettivo». In ambito sociale, essere generativi, significa produrre valore e condividerlo, lasciando più di quanto si è preso. Il secondo aspetto rilevante è quello del "ben-vivere". Ben-vivere e non solo ben-essere, perché è l’azione che, in definitiva, definisce l’esistenza. È ciò che facciamo, ciò che lasciamo negli altri, che dice realmente chi siamo. E allora non è possibile pensare al ben-essere senza comprendere le condizioni che facilitano o ostacolano la possibilità di vivere una vita buona. In questo senso l’allargamento degli spazi di libertà, delle opportunità che si offrono a ciascuno di vivere secondo valori e modelli che si ritengono più degni di essere vissuti è da considerarsi certamente un indicatore di progresso. Questo allargamento non è da intendersi come una spinta al puro e semplice relativismo, tutt’altro. Va di pari passo, infatti, con il riconoscimento della nostra comune umanità. Se esistono cucine e tradizioni gastronomiche differenti, alcune delle quali incontrano i gusti di alcuni ma non di altri, è pur vero che ogni essere umano ha bisogno di bere e di mangiare. È la nostra umanità condivisa, dunque, che ci fa incontrare su un terreno comune definito dalla necessità di dare un senso alle nostre vite. La ricerca scientifica, in questo ambito, ci dice che esistono dei tratti universali, degli elementi comuni che caratterizzano, pur nella loro pluralità, questo processo di attribuzione di senso. Tali elementi hanno a che fare con la possibilità di vivere una vita autonoma, ma al tempo stesso, con gli altri e per gli altri. Riconoscere di poter avere un impatto, di essere importante per qualcuno, che il nostro lavoro può fare la differenza, di poter contare su chi ci vuole bene, di poter dare riconoscimento ed essere riconosciuti, sono alcuni degli elementi di cui nessuno di noi può fare a meno senza vedere svilito il senso propria vita. In questo quadro appaiono più chiari serissimi fenomeni contemporanei come quello delle "morti per disperazione", la diffusione dei lavori socialmente inutili bullshit jobs e la fascinazione per i populismi dei muri e del risentimento.
Porre l’accento su generatività e ben-vivere, come cerca di fare questo rapporto, ci aiuta a fare un passo avanti nella comprensione di quegli elementi sociali e di contesto che possono facilitare quel processo di creazione di senso che è bisogno fondamentale e criterio d’azione.