lunedì 25 maggio 2020
Per 99 milioni di europei i soldi in banca non bastano per 60 giorni di spesa, bollette, affitto o mutuo. L'aiuto pubblico è centrale, così come la sospensione di rate e (possibilmente) affitti
Primi clienti al mercato di via Kramer, a Milano, che ha riaperto dopo le chiusure per Covid-19

Primi clienti al mercato di via Kramer, a Milano, che ha riaperto dopo le chiusure per Covid-19 - Fotogramma

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Chi può permettersi di restare due mesi senza guadagnare nulla, usando solo i propri risparmi per coprire le spese essenziali? Sarebbe una domanda solo teorica, se nei due mesi abbondanti in cui l’Italia è rimasta chiusa l’azzeramento delle entrate – nell’attesa dei bonus dell’Inps o della cassa integrazione – non fosse stata la realtà per diversi milioni di italiani.

Catarina Midões, analista del centro studi europeo Bruegel, ha tentato di rispondere lavorando sui dati su finanza e consumi delle famiglie raccolti dalla Banca centrale europea. Il risultato è che 99 milioni dei 342 milioni di cittadini europei dei 21 Paesi inclusi nell’indagine della Bce non hanno sul conto in banca abbastanza soldi per due mesi di spese basilari: comprare da mangiare, pagare le bollette, saldare l’affitto o le rate del mutuo.

Certo, l’azzeramento delle entrate è un caso estremo. Se nel conto del reddito si includono anche le pensioni e gli altri sussidi pubblici che già esistevano in Europa prima della pandemia e si tiene fuori solo il reddito da lavoro, le persone che non reggerebbero a due mesi senza entrate scendono da 99 a 57 milioni. Di queste, 41 milioni non sono in condizioni da provvedere alle spese essenziali in assenza di anche solo un mese di reddito abituale da lavoro.

Si capisce già così come in questo momento l’aiuto statale straordinario – con forme come la cassa integrazione allargata (quando funziona), il reddito di emergenza o i bonus per gli autonomi – è uno strumento essenziali. Se le politiche del governo fanno in modo da fare arrivare alle persone il 50% del loro reddito abituale, calcola lo studio, il numero di chi non riesce a provvedere alle spese essenziali di due mesi precipita da 57 a 11,3 milioni di persone. Una diminuzione drastica.

In questo quadro generale ci sono differenze significative tra i Paesi. In Ungheria la percentuale di cittadini incapaci di reggere a due mesi di entrate dimezzate è il 18%, in Finlandia è quasi a zero. In Italia il dato è appena superiore alla media, con il 2,1% della popolazione che non può provvedere alle spese essenziali per due mesi se il reddito abituale si dimezza. Il nostro Paese, nota l’economista di Bruegel, è anche quello che secondo questi criteri ha, in valore assoluto, la maggiore quantità di persone che andrebbero in crisi: 1,2 milioni di cittadini, contro il mezzo milione di Francia e Germania.

Tra le persone più in difficoltà ci sono gli immigrati nati in Paesi extra-europei, il cui rischio di non essere più in grado di coprire le spese essenziali è in media superiore del 50% rispetto a quello dei cittadini nati nel Paese in cui risiedono. In Italia l’aumento della vulnerabilità degli immigrati rispetto ai nati in Italia è del 70%.

Lo studio conferma soprattutto che la questione abitativa resta centrale. Se dalle spese essenziali si eliminano rate dei mutui o saldi degli affitti il numero di europei che non può reggere a due mesi di reddito dimezzato scende cioè da 11,3 a 5,5 milioni. Questo significa che possono avere un ruolo essenziale nel contrasto alla povertà le sospensioni dei mutui (come quella introdotta anche in Italia) ma anche quella degli affitti, molto più difficile da introdurre dal momento che la controparte degli affitti non sono le banche, ma altri cittadini.

Occorrerebbe trovare un bilanciamento tra la necessità di tutelare le famiglie più in difficoltà e quella di non mettere a repentaglio i conti di chi affitta le case, conclude lo studio, ricordando che anche misure drastiche di questo tipo sembrano «fattibili» in un momento in cui lo choc economico mette molto più a rischio i mezzi di sussistenza di chi abita le case in affitto rispetto a quelli di chi le possiede.

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