Mario Draghi in conferenza stampa a Tallin (Estonia)
Il messaggio in codice suona più o meno così: attenzione, la politica monetaria ultraespansiva sta per finire dovete farvi trovare pronti. Mario Draghi non lo dice esplicitamente, ma lo lascia intendere in modo piuttosto chiaro nel corso della conferenza stampa al termine del consiglio direttivo della Banca centrale europea, che si è tenuto straordinariamente a Tallin, in Estonia.
La Bce lascia invariati i tassi, esclude nuovi tagli del costo del denaro e conferma durata e entità del Quantitative easing, ovvero precisa che il piano d'acquisti straordinario messo in campo da Francoforte andrà avanti al ritmo di 60 miliardi di euro al mese fino a dicembre del 2017, "o anche oltre, se necessario". Che significa fino a quando l'inflazione non tornerà alla soglia considerata ideale dall'Eurotower: vicino ma non oltre il 2%.
Draghi introduce una sola novità rispetto al direttivo dello scorso 27 aprile: fa sapere che l'istituto centrale si aspetta che i tassi "resteranno agli attuali livelli per un prolungato periodo di tempo". Senza aggiungere, in questo caso, "o anche più in basso", cioè escludendo ulteriori tagli del costo del denaro. Il motivo? "Perché i rischi di deflazione sono scomparsi". Il mancato riferimento a nuove sforbiciate dei tassi è l'unica concessione che Draghi fa ai "falchi" tedeschi e del Nord Europa, che da tempo insistono per avviare il tapering, ovvero l'inversione di rotta sulla politica monetaria. "Di questo non ne abbiamo discusso", aggiunge. E poi evidenzia come, se si sono verificati progressi, "è grazie al QE, che ha sostenuto la ripresa".
La Bce in ogni modo rivede al ribasso le stime di inflazione dell'Eurozona e rialza le previsioni sulla crescita dell'economia, precisando che la ripresa dell'Eurozona è "solida e ben diffusa" e confermando che i rischi per le prospettive economiche dell’area euro "sono ben equilibrati" e non più "orientati al ribasso" come ha sostenuto fino allo scorso aprile.
Certo, la reazione alla fine degli stimoli monetari non sarà uguale per tutti. "I Paesi che hanno una posizione di bilancio debole, scarsa crescita e sono indietro con le riforme strutturali saranno colpiti con più forza da un aumento dei tassi – ha avvertito Draghi –. Ma questa non è una scoperta".