Il dollaro paga un conto salato al calo dell'inflazione e perde terreno rispetto all'euro. Anche nella giornata di ieri la moneta europea ha superato con slancio la soglia di 1,1 dollari. Una serie di dati economici statunitensi si sono rivelati più deboli del previsto, indicando un rallentamento dell'economia a stelle e strisce. Inoltre, a differenza di quanto avviene nell'Eurozona, l'inflazione negli Stati Uniti ha già subito un notevole rallentamento. A marzo era del 5%, contro il 6,9% dell'Eurozona. A causa dell'indebolimento dell'economia, con ripercussioni anche sull'occupazione, e del calo dell'inflazione, gli investitori sono sempre più convinti che la Federal Reserve (Fed), la banca centrale statunitense, in futuro non inasprirà ulteriormente, o lo farà ad un ritmo più blando, la propria politica monetaria e che quindi si stia avvicinando la fine dei rialzi dei tassi. Gli operatori si aspettano invece una politica monetaria ancora restrittiva da parte della Bce.
Nella giornata di oggi c'è stata comunque una lieve inversione di tendenza dopo i dati Usa sulle vendite al dettaglio diminuite dell'1% su base mensile a marzo, dopo un calo dello 0,2% rivisto al ribasso a febbraio e molto oltre le previsioni di mercato (-0,4%). Su base annua, il dato è in aumento del 2,9%. A dare forza al biglietto verde anche le dichiarazioni del governatore della Federal Reserve, Christopher Waller il quale ha dichiarato che la banca centrale Usa deve continuare ad aumentare i tassi di interesse perchè l'inflazione è ancora forte. Il banchiere ha sottolineato che "la politica monetaria deve essere ulteriormente inasprita, sul quanto, tutto dipenderà dai dati in arrivo sull'inflazione, l'economia reale e l'entità dell'inasprimento delle condizioni del credito".