mercoledì 24 giugno 2020
I dati dell'Ispettorato nazionale del lavoro: nel 2019 si sono dimesse 37mila madri e 16mila padri. Allarme per le conseguenze della crisi da Covid-19 sull'occupazione femmiline
Neo-mamme costrette alle dimissioni per mancanza di conciliazione

Neo-mamme costrette alle dimissioni per mancanza di conciliazione

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Neo-mamme in fuga (obbligata) dal lavoro. I dati relativi al 2019 diffusi ieri dall’Inl (l’Ispettorato nazionale del lavoro) fotografano la frattura, invisibile ma resistente, che separa uomini e donne al momento della nascita del primo figlio. Con le neo-mamme costrette a fare i conti con la difficoltà di conciliare i tempi della famiglia con quelli dell’ufficio, soprattutto per la mancanza e il costo degli asili nido. A complicare ulteriormente il quadro stipendi più leggeri dei colleghi maschi, part-time involontari e mancanza di flessibilità. L’anno scorso sono state più di 37mila le madri che hanno dato le dimissioni a fronte di quasi 14 mila padri. L’Inl ha emesso 51.558 provvedimenti di convalida, il 4% in più rispetto al 2018. Le dimissioni volontarie sono oltre il 95%, quelle per giusta causa il 3%, le risoluzioni del rapporto di lavoro consensuali il 2%. Le dimissioni che riguardano le madri sono il 73%, in aumento rispetto all'anno scorso di oltre due mila casi, stabili invece quelle dei papà.

Nella «Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri» emerge chiaramente come la motivazione principale sia la difficoltà di conciliare l'occupazione lavorativa con le esigenze di cura della prole per una serie di motivi come l’assenza di parenti di supporto, gli elevati costi di asilo nido o baby sitter, il mancato accoglimento al nido. Le convalide di dimissioni nel 60% dei casi hanno interessato lavoratrici e lavoratori con un solo figlio o in attesa del primo. Contenute sono state le dimissioni degli extracomunitari (10%) e di quelli comunitari (6%). A lanciare l’allarme su un peggioramento del gender gap il direttore dell'Inl Leonardo Alestra che sottolinea come «l'evolvere dello scenario post Covid» rischia di «amplificare le aree oscure di elusione e di irregolarità in danno dei lavoratori, ed in particolare delle categorie più fragili e vulnerabili». Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo assicura «l'intenzione di avviare una seria azione di contrastato al part-time involontario e introdurre una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni».

Dal Forum delle associazioni familiari arrivano due considerazioni di merito dalle vicepresidenti Emma Ciccarelli e Maria Grazia Colombo. La prima sullo smartworking che da misura emergenziale potrebbe essere potenziata «proprio nelle fasi più critiche del ciclo della vita familiare», la seconda sul trasferimento obbligato delle donne da un’azienda all’altra in cerca di conciliazione. «Il nostro, al momento, è un Paese lavorativo che si pone contro la famiglia. Per contrastare questa drammatica tendenza servono più aziende family-friendly».Per la Cgil uno dei nodi cruciali è «il cronico disinvestimento nella scuola per l'infanzia (0-6)» mentre la Cisl chiede l’approvazione del Family Act. Il segretario confederale Giorgio Graziani e Liliana Ocmin, responsabile Coordinamento donne sottolineano chiedono di «approntare strategie di rilancio del lavoro femminile, della maternità e soprattutto della condivisione della cura familiare ancora troppo sbilanciata sulle donne».

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