Un addetto al lavoro alla ristrutturazione di una facciata di un palazzo di Napoli, nel quartiere Santa Lucia - ANSA
L’Europa dovrebbe essere riuscita a schivare la recessione. L’agenzia di rating S&P ha pubblicato le rilevazioni di febbraio dell’indice Pmi della produzione composito, l’indicatore che raccoglie dati e aspettative di oltre 5000 aziende dell’industria e dei servizi. L’indice si è portato da 50,3 a 52 punti, il massimo degli ultimi otto mesi. L’indice Pmi (che sta per Purchasing Managers’ Index, cioè “indice dei responsabili acquisti”) del terziario è aumentato da 50,8 a 52,7 punti. Cinquanta punti è la soglia che separa la crescita dalla contrazione.
«La straordinaria espansione dell’attività economica di febbraio contribuisce per ora a placare i timori di una recessione dell’eurozona» ha detto Chris Williamson, capo economista di S&P Global Market Intelligence, evidenzianto che ci sono «segnali chiari» di un aumento della fiducia ma anche dubbi «sul vigore di fondo della domanda».
L'andamento dell'indice Pmi della produzione composita - S&P Global
Per l’Italia, l’indice Pmi composito è salito da 51,2 a 52,2 punti, quello del terziario da 51,2 a 51,6 punti. L’analista Paul Smith ha detto che questi numeri rendono «ancora più popolare l'opinione che l'economia italiana, dopo aver superato con successo l'inverno, eviterà ciò che solo qualche mese fa sembrava fosse decisamente una fase recessiva». L’unica nota negativa è «un residuo di cautela sul fronte delle assunzioni, soprattutto in un periodo di rialzo salariale: i livelli del personale di febbraio sono aumentati, ma al tasso più lento in un anno».
Il calo del Pil dovrebbe così essersi esaurito con la fine del 2022: nel quarto trimestre, ha confermato l’Istat con la stima completa dei numeri dell’ultima parte dell’anno, il Prodotto interno lordo è sceso dello 0,1% nel confronto con il trimestre precedente ed è cresciuto dell’1,4% nel confronto con un anno da (un po’ meno dell’1,7% indicato nella prima stima del 31 gennaio). Il 2023 parte così con una crescita annua acquisita dello 0,4%: significa che se il Pil non dovesse più crescere nei prossimi trimestri, l’anno si chiuderebbe comunque con un +0,4%. È già superiore al +0,3% indicato dal governo nella nota di aggiornamento al Def.