Una cliente a uno sportello bancario - Ansa
Pollena Trocchia, alle porte di Napoli, con i suoi 13.516 abitanti ha il triste primato di essere il maggiore Comune italiano in cui non c’è nemmeno una banca. È il più grande, ma non è il solo. In dieci anni, ricorda un’analisi pubblicata dal sindacato di settore Fabi, la rete delle filiali bancarie si è ridotta di un terzo: gli sportelli erano 32.881 nel 2012 ed erano diminuite a 21.650 alla fine dello scorso anno.
Così oggi sono oltre 3mila i Comuni dove non c’è nemmeno uno sportello bancario e questo significa sono più di 4 milioni gli italiani che se hanno bisogno di incontrare fisicamente un bancario in filiale devono spostarsi in un altro comune. Due milioni di queste persone abitano nel Mezzogiorno, dove la ritirata delle banche è stata più forte. In Campania sono addirittura 700mila i cittadini che vivono in Comuni senza banche (sono il 12,5% della popolazione). In Calabria, la Regione economicamente più debole del Paese, la quota di cittadini senza filiali è del 28,8%, ma nella ricca Valle d’Aosta sale anche al 33,4% e tocca il 37,3% in Molise. Le Regioni dove la presenza bancaria è rimasta più solida sono l’Emilia Romagna (solo 1,2% della popolazione “abbandonato” dalle banche) e la Toscana (1,5%). Molto meglio della media, che è del 7%, anche Puglia (3,6%) Trentino (4,15%) e Lazio (4,3%)
Le banche chiudono le filiali perché sono costose, richiedono personale e sono molto meno frequentate rispetto ad anni fa. Contano di conservare o conquistare i clienti con i servizi di home banking. Ma non è per tutti: molti anziani, in particolare, faticano a usare le app o i siti delle banche per gestire i conti. «È un problema assai rilevante se si pensa che in Italia lo sviluppo dell’e-banking è ancora scarso rispetto alla media europea» nota la Fabi, secondo cui meno della metà della clientela bancaria (45%) utilizza i canali digitali per accedere ai servizi bancari, contro una media europea del 58%.
Dietro la chiusura degli sportelli, dice Lando Maria Sileoni, segretario del sindacato, c’è anche il «repentino cambiamento del modello di business delle banche, tutto incentrato sulla vendita di prodotti finanziari e assicurativi e poco o nulla sulla concessione di prestiti, mutui e crediti in generale. Insomma, stiamo assistendo a un radicale cambiamento senza che nessun regolatore finanziario e politico intervenga a tutela della clientela e dei dipendenti bancari».
«La riduzione delle filiali sta creando e creerà non pochi danni al Paese e alla clientela delle banche, che potranno svolgere sempre meno il ruolo sociale a servizio di famiglie e imprese. Ma la classe politica non se ne preoccupa abbastanza» conclude Sileoni.