Un'immagine del Consiglio episcopale permanente della Cei (Chiesacattolica.it)
Non solo il Servizio nazionale per la tutela dei minori, ma anche una rete capillare di presidi sul territorio. Sono i Servizi regionali per la tutela dei minori che verranno costituiti in ogni regione ecclesiastica o, quando lo si ritiene opportuno, anche a livello interdiocesano. Le novità sono contenute nei due documenti resi noti dalla Cei sul sito chiesacattolica.it. Il primo è il regolamento del Servizio nazionale approvato nell’ultima sessione del Consiglio permanente.
La struttura, che «opera in collegamento con gli Uffici e i Servizi della Cei e in collaborazione con la Pontificia Commissione per la tutela dei minori», si legge nel testo, vuole essere un «sopporto» alla stessa Conferenza episcopale, alle diocesi, alle famiglie religiose e alle associazioni per «quanto attiene alla tutela dei minori e degli adulti vulnerabili». Quattro sono i compiti definiti dal regolamento: consigliare e supportare la Cei, i vescovi e i superiori maggiori nella «promozione della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili»; promuovere e accompagnare le attività dei Servizi regionali e interdiocesani per la tutela dei minori; proporre contenuti formativi, oltre che strumenti operativi, per «consolidare nelle comunità ecclesiali una cultura della tutela dei minori, per rafforzare la sicurezza dei luoghi ecclesiali frequentati dai minori, sensibilizzare tutti gli operatori pastorali e prevenire ogni forma di abuso»; infine fornire informazioni, indicazioni pratiche o protocolli procedurali.
L’organismo nazionale ha un presidente – l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, Lorenzo Ghizzoni, giè nominato –, un coordinatore, un consiglio di presidenza e una consulta nazionale. Sono membri della consulta un rappresentante della Cism e una dell’Usmi, un rappresentante della Consulta nazionale delle aggregazioni laicali, i coordinatori dei Servizi regionali e interdiocesani per la tutela dei minori, gli esperti nominati dalla presidenza Cei su proposta del presidente del Servizio.
Il secondo testo diffuso ieri riguarda i Servizi regionali che dovranno nascere in tutta la Penisola. «Sono chiamati – si spiega nel documento con le indicazioni – non a sostituire gli ordinari nelle loro responsabilità, ma a supportarli attraverso competenze e professionalità educative, mediche, psicologiche, canonistiche, giuridiche, pastorali e di comunicazione». Con il Servizio nazionale, «hanno l’obiettivo di contribuire a diffondere una cultura della prevenzione» e «all’occorrenza» potranno anche «rivelarsi utili per la gestione delle segnalazioni» di abuso.
Dalla Cei arriva l’indicazione che «ci sia sempre un referente diocesano». Perché, aggiunge il documento, «l’efficacia degli strumenti si misura sulla loro capacità di essere presenti sul territorio in modo puntuale e competente, in sintonia d’azione e d’intenti con gli organismi interdiocesani e nazionali». Il Servizio regionale o interdiocesano fa riferimento a un vescovo che la Conferenza episcopale regionale sceglie come referente per la tutela dei minori. Fra i compiti quello di «accompagnare le singole diocesi, comunità religiose, associazioni o altre realtà ecclesiali nella stesura di protocolli e indicazioni di buone prassi per la tutela dei minori» o anche «se richiesto dal vescovo diocesano o dal Superiore maggiore competente, accogliere e trattare le segnalazioni di abusi sessuali in ambito ecclesiale».
Infine ogni vescovo è tenuto a nominare un referente diocesano, «esperto in questo campo e di provata disponibilità» che «potrà essere aiutato da una équipe di esperti, laici o chierici». Oltre a «proporre iniziative per sensibilizzare il clero, gli organismi di partecipazione e gli uffici pastorali diocesani» sul tema, può anche «assistere» il vescovo collaborando «nell’ascolto e nell’accompagnamento delle vittime».