Nei bar trentini, ieri mattina, il titolone sull’Ici e la Chiesa ha suscitato più commenti della prima attesissima nevicata in quota. «Ici, la Chiesa paga per 601 immobili» spiegava l’inchiesta del quotidiano
L’Adige sul patrimonio immobiliare che porta nelle casse del Comune di Trento oltre 230mila euro all’anno. In due pagine ben documentate, che hanno suscitato anche molti commenti sul sito del quotidiano diretto da Pierangelo Giovanetti, sono ripresi dalla fonte diretta degli uffici comunali i dati relativi al 2010: «Gli immobili esenti dal pagamento dell’Ici, tra cui chiese e canoniche, sono 21, solo il 3,5% dell’intero patrimonio». Ma l’apertura del giornale trentino è stata naturalmente apprezzata anche nei corridoi della Curia che fin da settembre aveva ribadito la propria correttezza di fronte alle leggi statali: «Non mi sento assolutamente un privilegiato, l’Ici la paghiamo anche noi», aveva tagliato corto l’arcivescovo Luigi Bressan durante una pausa dell’assemblea diocesana.Renato Gislimberti, presidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, ribadisce con poche parole ad
Avvenire il suo commento a quanto appurato dal quotidiano: «La settimana scorsa avevo assicurato al giornale che noi rispettiamo le norme e paghiamo l’Ici per tutti gli immobili destinati ad attività commerciale. Non può farmi piacere che i dati raccolti lo confermino». Al catasto l’Idsc tentino risulta proprietario di 125 immobili, tutti soggetti ad Ici per un totale di 29.870 euro, pagati regolarmente al Comune. Ma anche le altre cifre raccolte negli uffici comunali parlano da sole, tanto che l’economo diocesano Claudio Puerari preferisce mantenere fede alla linea diocesana di non aggiungere altre parole. Sono 126 gli immobili a Trento di proprietà dell’ente Arcidiocesi che ha pagato in totale 58.680 euro di Ici: 16 sono completamente esenti (e uno parzialmente) fra i quali tre chiese, due canoniche, tre fra collegi e convitti. «Tra quanto pagato dall’Arcidiocesi e quanto accertato dal Comune – riconosce l’Adige – c’è una differenza di 2.400 euro derivante dalla diversa interpretazione sull’utilizzo di un immobile.L’amministrazione trentina più ricca di immobili risulta essere il Seminario maggiore, in virtù anche di molti lasciti ed eredità: i dati relativi al 2009 «parlano di un complesso di 180 immobili situati sul territorio cittadino, dei quali soltanto due (rientranti sotto la classificazione collegi, convitti e ricoveri) esenti Ici»: 78.044 il tributo pagato al Comune. Più modesto il contributo del Seminario minore (42.300 euro per 86 immobili), mentre il Capitolo del Duomo presenta un numero quasi uguale di case ma con rendita catastale inferiore: ha versato per il 2010 25.933 euro.Si arriva dunque al totale di 230mila euro che finiscono nelle casse del Comune capoluogo – che raccoglie quasi un quarto della popolazione trentina – da parte dei cinque enti ecclesiastici citati. Altri immobili non considerati dall’inchiesta giornalistica sono quelli delle parrocchie e dei singoli istituti religiosi. Nei giorni scorsi, a seguito del
battage che il Comitato trentino dei Laici aveva avviato pure nelle piazze trentine, era sceso in campo anche il settimanale diocesano proclamando la massima trasparenza sulle tasse pagate fino all’ultimo centesimo. «La diocesi – avvisava il direttore Marco Zeni in merito a eventuali "evasioni" – ha già detto a chiare lettere: chi sa parli».