sabato 24 agosto 2024
All'incontro della Comunità capi voci e volti di chi ha fatto dello scautismo la bussola di vita al servizio del prossimo. Parlano i presidenti Agesci Roberta Vincini e Francesco Scoppola
Un gruppo di scout all'arrivo alla Route nazionale

Un gruppo di scout all'arrivo alla Route nazionale - Matteo Bergamini

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Al parco di Villa Buri, a Verona, si riesce ancora a credere nella felicità. L’entusiasmo è la sensazione più frequente, anche se fa caldo, anche se si dorme in tenda, anche se le distanze sono chilometriche. Per gli scout, è pane quotidiano.

Qui sono riuniti diciottomila capi scout per la Route Nazionale della Comunità capi Agesci (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani). Giovani e adulti che arrivano da tutta Italia, ciascuno con il suo fazzolettone al collo e una storia di impegno da raccontare. Qui si dialoga fino a domani del presente e del futuro dello scautismo, per fare il punto e tracciare le linee guida per i prossimi anni. Al centro le sfide educative, più di sessanta tavole rotonde e azioni concrete di servizio.

L’entusiasmo nasce anche dal trovarsi tra persone che hanno scelto valori di vita comuni. «Siamo parte di una grande famiglia» dicono ad esempio Chiara e Samuele, che arrivano da Mogliano Veneto (Treviso). Per loro essere qui è «una figata». Li incontriamo mentre girano tra gli stand, decine di spazi per le associazioni e le realtà territoriali di tutta Italia. Sono esposte storie che hanno radici nello scoutismo ma che magari poi hanno preso direzioni diverse, come spiega Angelo Santoro, ex scout, che ci tiene a precisare che «quando l’esperienza scout evolve in una scelta di vita, tutta la quotidianità cambia». Alle sue spalle c’è un tavolo con vasetti di passata di pomodoro, funghi essiccati e borse di tela. Sono realizzati dalle ragazze e dai ragazzi delle carceri minorili di Bari e dintorni, protagonisti del lavoro della cooperativa che proprio Angelo ha fondato, “Semi di Vita”. Il suo lavoro avviene su terreni confiscati alla mafia: la cooperativa esiste da più di dieci anni e le difficoltà e le intimidazioni non sono mancate. «Ci sono state rubate delle attrezzature, i campi sono stati bruciati, ma andiamo avanti».

L'area in cui è ospitata la Route Nazionale della Comunità capi dell'Agesci

L'area in cui è ospitata la Route Nazionale della Comunità capi dell'Agesci - Marco Ragno

Da Bari a Genova, poco distante c’è un altro stand che riscuote molto successo. Per entrarci, bisogna prenotarsi. Si chiama Enig-malavita ed è una “escape room”, cioè un gioco che prevede di risolvere una serie di enigmi per fuggire da una stanza. Riproduce in piccolo un’esperienza che gli scout hanno creato tra i vicoli genovesi, anche in questo caso su un bene confiscato alla mafia. Hanno studiato la situazione del territorio, poi hanno creato un caso per immergere i partecipanti in un’indagine. «La nostra storia inizia nel 2018 quando il nostro clan (il gruppo che raduna gli scout dai 16-17 ai 21 anni, ndr) ha deciso di interessarsi all’antimafia – spiega Luigi Cafiero, uno degli scout che gestisce lo stand –. I primi ragazzi coinvolti sono stati anche un periodo in Campania per conoscere tante realtà di beni confiscati. Ci sono voluti poi anni per ottenere uno spazio e i permessi di gestione, ma due anni fa siamo riusciti ad aprire. Questo progetto è un seme nato da un capo clan che è mancato nel 2020, si chiamava Stefano, tutta questa storia è nata in suo ricordo».

Presente anche lo stand Masci (Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani), dove ad accogliere c’è Massimiliano Costa, il presidente del movimento: «In questi giorni siamo qui per aiutare con la logistica, dalla distribuzione dei viveri ai posti di blocco alla sicurezza. È il nostro servizio a disposizione dei giovani». Ma cosa significa essere scout per tutta la vita? Risponde ancora Costa: «Vivere secondo la Legge, la Promessa (i due punti fondamentali dello scautismo ndr) e il Vangelo in tre luoghi: nella famiglia, sul lavoro, nella realtà sociale, per portare qualcosa di buono».

Una scout in un momento di preghiera a Verona

Una scout in un momento di preghiera a Verona - Daniele Rimi

Accanto alle azioni concrete, infatti, ci sono i valori di base. Che cosa possono dire, a proposito, gli scout alla Chiesa? «La partecipazione qui è altissima, i giovani si sentono molto coinvolti, è sensazionale. Questo momento può fare tanto bene alla Chiesa perché noi qui possiamo fare sentire la nostra voce, in un contesto che è comunità cristiana a tutti gli effetti», dice Francesca, che arriva da Carpi (provincia di Modena). Con lei c’è suor Fides, che è assistente spirituale e accompagna un gruppo scout in un cammino di preghiera. «Anche Gesù diceva: lasciate che i bambini vengano a me. Essere scout è un modo per trasmettere la fede».

Poi in sottofondo parte una canzone, tutti iniziano a battere le mani, qualcuno balla. Anche la musica è protagonista in questi giorni. Due sere fa, durante la cerimonia iniziale, sul palco è salito anche Gianni Morandi. Come mai? «Non sono mai stato scout – ha raccontato poco prima di iniziare a suonare – ma sono stato sempre abbastanza affascinato dal loro modo di stare insieme, di comportarsi, dalla loro etica. Posso augurare a chi è qui di vivere la vita fino in fondo, con gioia».

Per chiudere, chiediamo ai presidenti dell’Agesci Roberta Vincini e Francesco Scoppola che cosa può arrivare, da questa Route, alla nostra società. «Gli scout dicono oggi che c’è bisogno di educazione, di accompagnare i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze in un cammino che faccia scoprire loro chi sono veramente, come possono essere felici, nell’ottica che la vera felicità è fare felici gli altri».


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