«Quando la gente di Bari Vecchia ha rivisto “tornare a casa” la reliquia del loro san Nicola, la loro reazione è stata: “i russi sono stati di parola. Ce l’hanno riconsegnata”. Un gesto che ha significato per Bari e la sua religiosità popolare un nuovo sigillo di amicizia con le città di Mosca e di San Pietroburgo». Parte da questo aneddotto e da questo racconto a caldo – a conclusione della traslazione della reliquia di san Nicola in Russia – il domenicano padre Ciro Capotosto, rettore dal 2015 della Basilica dedicata al vescovo di Myra (vissuto in Turchia tra il 250 e il 326) per spiegare «l’affetto semplice sincero e palpabile» riscontrato e «toccato con mano» tra le vie del centro storico del capoluogo pugliese al ritorno dell’urna con la reliquia.
Era infatti da 930 anni che una spoglia mortale del santo («i cui resti furono integralmente salvati – osserva Capotosto – da un valoroso drappello di baresi nel 1087. Un gesto il loro che evitò la profanazione della tomba a Myra da parte di musulmani... ») dal suo arrivo a Bari non aveva mai lasciato la sua città di adozione. Ma a sorprendere di questa traslazione è stato per il padre domenicano un altro aspetto: «Ho potuto vedere con i miei occhi cosa questo “viaggio ecumenico” della reliquia di san Nicola abbia significato per il popolo russo. Una gioia e un calore testimoniato dal saluto di tante donne che quando mi hanno visto, con il mio tradizionale abito bianco e nero, accanto al reliquiario sia a Mosca come a San Pietroburgo hanno voluto tributare la loro riconoscenza con il tradizionale spasiba... grazie in russo». E non a caso a impressionare di questo “viaggio” della reliquia del santo, patrono dei naviganti, pescatori, marinai e dei bambini in terra russa – reliquia ospitata prima nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca e poi nel monastero di Aleksandr Nevskij a San Pietroburgo – dal 21 maggio al 28 luglio sono state le cifre: due milioni e mezzo di persone si sono messi in fila – «delle vere code chilometriche» rivela padre Capotosto – per riuscire a baciare o venerare da “vicino” il frammento osseo di 13 centimetri, racchiuso in un’urna del santo di Myra.
Una gratitudine e una riconoscenza – confermata l’altro ieri al momento della riconsegna della reliquia a San Pietroburgo – dalle parole del patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill: «Viviamo in un’epoca e in un mondo sempre più difficile e complicato che non possiamo ignorare e ogni gesto, ogni azione diventano densi di significato. A partire da ciò che stiamo vivendo. È la prima volta nella storia dei rapporti tra le due Confessioni cristiane che i due primati di Oriente e Occidente si sono accordati perché avvenisse quello che stiamo vivendo. Non è un dialogo teologico questo, ma di popolo e di devozione». A conclusione dell’incontro il patriarca Kirill ha dato al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promo- zione dell’unità dei cristiani che guidava la delegazione della Chiesa cattolica una lettera personale da consegnare a papa Francesco e, prima di congedarsi, ha affermato: «Il nostro incontro all’Avana non è stato un caso isolato». E ha aggiunto: «Davvero Bari è il centro che unisce Oriente e Occidente». Come certamente significative sono state le parole dell’arcivescovo di Bari- Bitonto Francesco Cacucci:«Papa Francesco ha desiderato ardentemente, da tempo, che san Nicola diventasse segno di unità tra la Chiesa di Oriente e di Occidente. Vogliamo sottolineare che san Nicola appartiene a tutti i cristiani».
L’arcivescovo Cacucci, infine, si è fatto portavoce della richiesta del sindaco di Bari, Antonio Decaro, sostenuto dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, di consegnare le chiavi del capoluogo pugliese al patriarca Kirill. E ha confidato: «Mi auguro che in futuro Lei possa venerare in terra di Bari il santo Nicola ». Come certamente cariche di contenuto – al termine di questo evento ecumenico – sono state le parole del cardinale Koch: «Nicola può aiutarci a realizzare questa cammino di unità dei cristiani. Egli fa parte dell’ampia schiera di cristiani perseguitati. Esiste infatti un vero e proprio ecumenismo dei martiri. Essi ci aiutano a crescere nella fede in Gesù Cristo e a trovare una gioia rinnovata nella professione di fede». Un viaggio in questa terra slava, secondo padre Capotosto, che ha gettato «un seme che porterà, come dice la Lettera ai Galati, frutti» di amicizia e di speranza «tra le Chiese di Roma e di Mosca» grazie all’intercessione di «un santo come Nicola, che, guarda caso, appartiene a quella Chiesa indivisa come era prima dello scisma del 1054 tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente». E annota il religioso: «In questi due mesi abbiamo rivissuto a quasi mille anni di distanza – se rileggiamo le fonti di allora – in un certo senso la stessa emozione e trepidazione di quando il corpo di san Nicola fu accolto nella nostra Bari nel 1087».