Papa Francesco a Seul ha beatificato 124 martiri del Paese asiatico. Credenti che hanno messo con la loro fede solide radici alla Chiesa coreana e rafforzato quelle di tutta la Chiesa, perché hanno messo Cristo al di sopra di tutto. Anche della loro vita. Alla celebrazione ha preso parte un milione di persone. "I martiri ci ricordano che bisogna mettere Cristo al di sopra di tutto e non scendere a compromessi con la fede". È uno dei passaggi forti dell’omelia di Papa Francesco nella Messa di beatificazione di Paul Yun Ji-Chung e 123 compagni martiri, celebrata nella capitale sud coreana presso la Porta di Gwanghwamun. “La celebrazione del beato Paolo e dei suoi compagni ci offre l’opportunità di ritornare ai primi momenti, agli albori della Chiesa in Corea, e ci invita tutti a lodare Dio per quello che ha fatto”, ha detto Francesco nel ricordare l’eroico sacrificio di tanti martiri. Nell'omelia il Papa ha ricordato la vittoria e la testimonianza di chi ha pagato con il supremo sacrificio la loro fede in Dio. Paolo Yun Ji-chung e i suoi compagni hanno sigillato la loro missione di precursori con il martirio e da qui è scaturito il seme di nuovi cristiani: “Il loro esempio ha molto da dire a noi, che viviamo in società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà; dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri; e dove Cristo continua a chiamare, ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi”. L’esempio dei martiri, ha sottolineato Francesco, ci insegna l’importanza della carità nella vita di fede e la loro eredità può ispirare tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata. Ma essere martiri vuol dire soprattutto essere testimoni di Gesù. E a proposito di testimonianza, prima della Messa il Santo Padre si è fermato ancora una volta a salutare i familiari delle vittime del traghetto. Il suo abbraccio e la condivisione del dolore, nei giorni scorsi, ha suscitato tanta commozione e i quotidiani locali, oggi, dedicano ai gesti di affetto e di condivisione del dolore ampi spazi. Anche perché, oltre ai segni e alle parole, il Papa continua ad indossare il piccolo nastro ripiegato ad anello di colore giallo, simbolo di vicinanza e solidarietà nei confronti delle vittime. Testimonianza, appunto, che secondo le cronache locali, “sta asciugando le lacrime di Sewol”.Nel centro per disabiliDopo la Messa il Papa si è trasferito in elicottero a Kkottongnae, dove era atteso nelle "House of Hope", un Centro di recupero per disabili. Secondo l'uso coreano, Bergoglio si è tolto le scarpe prima di entrare nel centro, dove suore e frati - rigorosamente scalzi - servono 150 disabili gravi. Per l'occasione nel salone ad attendere il Papa c'erano anche 50 bambini disabili ospiti di un centro vicino. La collina di Kkottonangnae è il luogo della periferia di Seul dove sono concentrate queste attività sociali. Proprio un gruppo di bambini e ragazzi si è poi esibito davanti al Papa con canti e coreografie molto semplici, che alcuni di loro con la sindrome di Down hanno interpretato in modo tenerissimo. Subito Francesco ha cominciato proprio da loro il giro degli abbracci e insieme a un giovane ha anche ripetuto il gesto di portarsi le mani alla testa (un modo di salutare coreano) che era il fulcro di una delle "danze". E si è chinato quasi fino a terra per baciare i più piccini dei "ballerini", alcuni dei quali hanno eseguito i loro movimenti restando sdraiati o inginocchiati sul pavimento. Subito alle loro spalle c'erano i disabili più gravi.
Incontro con i leader dell'Apostolato laicoL'ultimo impegno della giornata è l'incontro con i leader dell'Apostolato laico nel Centro di spiritualità di Kkottongnae. "La dignità della persona" che viene dal lavoro "in questo momento è minacciata e rischia di essere tolta da questa cultura del denaro che lascia senza lavoro tanta gente", ha detto, aggiungendo il commento a braccio dopo aver invitato a aiutare i poveri non solo con "assistenza, ma anche con lo sviluppo della persona", per la sua "dignità". Coloro che non hanno lavoro, ha proseguito papa Francesco "sono persone, noi pensiamo sempre 'padre, gli diamo da mangiarè, ma devono sentire la dignità di portare il pane a casa. Vi offro un compito - ha aggiunto - pensate a questo quando andate a casa". Oltre a quello sulla dignità del lavoro, il Papa nel discorso ai laici coreani ha fatto un altro inserto a braccio, e leggendo la frase in cui parlava del "fiorente apostolato dei laici in Corea" ha commentato: "fiorente sempre, perché è sempre stato fiorente, ed è un fiore che rinasce". I rappresentanti dei laici coreani si sono organizzati per accogliere il Papa fino al punto da far pronunciare in un italiano praticamente perfetto, tranne gli incertidell'emozione, il saluto al Pontefice, affidato a Paul Kwon Kil-joog, presidente del Consiglio dell'Apostolato laicocattolico. Le signore presenti indossavano tutte l'abito tradizionale coreano e i partecipanti avevano a disposizione la cuffia per la traduzione simultanea.