Pace, pace e ancora pace. Per la Corea divisa e per il mondo intero. La voce di papa Francesco, dalla lontana Asia, torna a levarsi in un appello alla convivenza tra i popoli. Una pace che non è frutto di generica buona volontà ma dell'operato sapiente della diplomazia e dell'azione politica. E della collaborazione tra le generazioni, che coniuga "memoria" e "speranza": la saggezza degli anziani e lo slancio dei giovani.Riconciliazione, solidarietà nella società e tra le generazioni, ruolo della Chiesa cattolica nel paese. Questi i temi affrontati dal Pontefice nel primo discorso, davanti alla presidente Park Geun-hye e alle autorità, di questo suo viaggio in terra coreana. Poco dopo, parlando ai vescovi, ha chiesto loro di essere al contempo "custodi della memoria" e "custodi della speranza".
Ai vescovi: custodite "memoria" e "speranza""Santità", "carità
fraterna" e "zelo missionario" è quanto il Pontefice chiede ai
vescovi coreani raccomandando loro di andare "verso le periferie
della società contemporanea". E chiede un occhio attento ai
giovani, per insegnare loro ad essere "buoni cristiani e onesti
cittadini". Siate "custodi dell "memoria" e al contempo "custodi della speranza", ha raccomandato. La prima sia "realistica, non idealistica o trionfalistica", e la seconda sia la "stessa speranza che ha ispirato i martiri".Inoltre papa Bergoglio ha ricordato che la
"solidarietà con i poveri è dimensione essenziale e elemento
essenziale della vita cristiana".Nel suo saluto al Papa, il presidente della Cbck e vescovo di
Cheju, monsignor Peter Kang U-il, ha descritto con partecipazione e
drammaticità il dolore per la divisione del popolo coreano in
due Stati e ha indicato i rischi di tale divisione.
In particolare ha detto di avere "in cuore il dubbio": "se
saremo capaci di accettare e abbracciare calorosamente il popolo
del Nord considerandolo come proprio fratello e nostro
prossimo". Monsignor Kueng ha ricordato i morti e le sofferenze
inflitte ai coreani dalla Guerra di Corea, ormai 66 anni fa, le
divisioni del popolo, delle famiglie, il rischio
nucleare.
Alle autorità: costruite un futuro di pace"La cultura coreana", ha esordito Francesco parlando davanti alla presidente Park Geun-hye e alle autorità, "ben comprende la saggezza degli anziani e onora il loro ruolo nella società". "Un popolo grande e saggio", ha proseguito, non si limita ad amare le sue tradizioni ma valorizza i giovani cercando di trasmettere l’eredità del passato e applicarla al tempo presente". Ogni volta che i giovani si riuniscono, ha spiegato il Papa ricordando che la Giornata della Gioventù asiatica, per tutti noi è un'opportunità per ascoltare le loro aspirazioni e riflettere sull’adeguatezza del nostro modo di trasmettere i valori e su quale società ci prepariamo a consegnare loro. "In questo contesto", ha ammonito il Papa, "è importante riflettere sulla necessità di trasmettere ai nostri giovani il dono della pace"."Questo appello ha un significato speciale in Corea", ha ribadito, "una terra che ha sofferto lungamente a causa della mancanza di pace". "La ricerca della pace da parte della Corea", ha insistito, "è una causa che ci sta particolarmente a cuore perché influenza la stabilità dell’area e del mondo intero".
La ricchezza della pace, ha detto il Papa, "è una sfida per ciascuno di noi e in particolare per chi ha il compito di perseguire il bene comune della famiglia umana attraverso il lavoro della diplomazia".La pace non è semplicemente assenza di guerra, ha spiegato Francesco, ma applicazione della giustizia, che richiede pazienza. Perdono, tolleranza, cooperazione. Queste le parole chiave usate dal Papa. La costruzione della pace, ha detto, "esige la volontarà di discernere e raggiungere obiettivi reciprocamente vantaggiosi", in vista del "mutuo rispetto"."Cari amici, i vostri sforzi come leader politici" ha sottolineato Francesco, "sono in ultima analisi diretti a costruire un mondo migliore, più giusto e prospero per i nostri figli". La solidarietà, ha detto, ha come obiettivo lo sviluppo integrale di ogni membro della famiglia umana. E ha citato Giovanni Paolo II, che nella sua visita a Seul manifestò la sua convinzione che il futuro della Corea dipenderà dalla presenza di uomini e donne profondamente spirituali, santi. La Chiesa cattolica, ha aggiunto Francesco, desidera contribuire alla formazione di giovani generazioni di cittadini pronti ad affrontare le grandi questioni politiche e sociali della nazione.
L'arrivo in CoreaDopo un volo di oltre 11 ore che per la prima volta ha solcato anche il cielo cinese (e alla Cina il Pontefice ha augurato in un telegramma "pace e benessere") l'aereo papale, un Airbus 330 dell'Alitalia, è atterrato all'aeroporto di Seul con un quarto d'ora di anticipo sul previsto. In Italia erano le 3.15 del mattino, le 10.15 in Corea del Sud, data la differenza di sette ore di fuso orario.
Il Papa, dopo la cordiale accoglienza con salve di cannone ma senza discorsi all'aeroporto, è andato nella nunziatura di Seul dove ha celebrato la messa in privato.