La festa dell'Assunzione di Maria ci ricorda che "in Dio c'è spazio per l'uomo, che Dio è la casa per l'uomo. Ma dobbiamo chiederci: nell'uomo c'è spazio per Dio?". Sono state queste le parole del Papa nell'omelia della messa celebrata ieri mattina nella parrocchia di Castel Gandolfo, in un clima di grande semplicità, dopo aver attraversato a piedi, come ogni anno a Ferragosto, la piazza che separa la chiesa salesiana di San Tommaso di Villanova dalla residenza pontificia. "Apriamoci facciamo spazio a Dio", ha esortato Papa Ratzinger che ugualmente a piedi ha poi fatto ritorno al Palazzo Apostolico, dove lo attendevano 4 mila fedeli per l'appuntamento dell'Angelus. "Aprendoci - ha osservato - non perdiamo niente, al contrario Dio può essere la nostra forza, per illuminare il mondo con la sua presenza". Per Benedetto XVI - che ha concelebrato la messa con il segretario di Stato Tarcisio Bertone e il vescovo di Albano Marcello Semeraro, mentre assistevano al rito i cardinali Domenico Calcagno dell'Apsa e Giuseppe Bertello del Governatorato, con il vescovo segretario Giuseppe Sciacca, e inoltre il prefetto della Casa Pontificia James Harvey, con il neo reggente padre Leonardo Sapienza - "sicuro è che solo la presenza di Dio ci dà speranza. Dio ci aspetta, non andiamo nel vuoto, non finiamo nel nulla"."Andando all'altro mondo - ha assicurato - troviamo la bontà della Madre, troviamo i nostri, troviamo l'Amore eterno. Dio ci aspetta: questa è la nostra grande gioia e la grande speranza che nasce proprio da questa festa: Maria non è andata su una galassia sconosciuta, partecipa della presenza di Dio, è vicinissima a noi, ha un cuore così grande, è vicina a tutti noi". "Dio - ha poi ripetuto il Pontefice 85enne parlando a braccio - è vicino, Maria è vicinissima, ha un cuore largo. Maria è la gioia della nostra vita, la consolazione e la speranza per il nostro pellegrinaggio terreno". Per questo l'Assunzione, ha aggiunto nel successivo discorso all'Angelus, "è una realtà che tocca anche noi, perché ci indica in modo luminoso il nostro destino, quello dell'umanità e della storia. In Maria, infatti contempliamo quella realtà di gloria a cui è chiamato ciascuno di noi e tutta la Chiesa".Commentando le letture, ieri il Papa ha ricordato in particolare le parole di San Paolo "l'ultimo nemico ad essere sconfitto sarà la morte", per spiegare che il dogma proclamato da Pio XII nel 1950, cioè la verità di fede riguardo al fatto che Maria è stata assunta in Cielo con il corpo, è la prima attuazione di tale promessa. "Un atto - ha scandito - di lode e di esaltazione della Vergine Santa. A gloria del Figlio, la glorificazione della Madre". "Il Vangelo - ha osservato ancora il Papa teologo - ci dice che la glorificazione di Maria era già presente al tempo di San Luca, dunque nelle comunità cristiane di tutte le generazione. E il Magnificat è l'inno di fede e di amore che sgorga dal cuore della Vergine. Richiama questa presenza di Dio nella storia: Maria è l'arca santa che porta in sè la salvezza"."Ella - ha poi rilevato nel breve discorso prima dell'Angelus - si colloca tra i poveri e gli umili, che non fanno affidamento sulle proprie forze, ma che si fidano di Dio, che fanno spazio alla sua azione capace di operare cose grandi proprio nella debolezza. Se l'Assunzione ci apre al futuro luminoso che ci aspetta, ci invita anche con forza ad affidarci di più a Dio, a seguire la sua Parola, a ricercare e compiere la sua volontà ogni giorno: è questa la via che ci rende beati nel nostro pellegrinaggio terreno e ci apre le porte del Cielo". "Chiediamo a Maria - ha quindi concluso Benedetto XVI - di rafforzare la nostra fede: ci aiuti a vivere bene il tempo della speranza cristiana, ad avere il coraggio e la forza della fede e dell'amore".