lunedì 28 ottobre 2024
Il rapporto di don Bosco con i suoi giovani passava anche per le passeggiate, organizzate nel dettaglio. Esse furono per i ragazzi occasioni di svago, ma anche momenti formativi nella loro crescita.
La Basilica di Superga, una delle mete preferite nelle passeggiate di don Bosco

La Basilica di Superga, una delle mete preferite nelle passeggiate di don Bosco - © Marco Piovanotto/IPA

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Nel sistema educativo di san Giovanni Bosco hanno avuto un ruolo fondamentale le passeggiate con i giovani: itinerari di amicizia, di festa, di vita in gruppo, opportunità di nuove scoperte e di contemplazione della natura.

Ciò che colpisce nella santità di don Bosco è proprio il suo atteggiamento di semplicità, creatività e allegria. La gioia, di cui l’allegria è l’espressione esterna, è stata (ed è ancora) uno degli elementi basilari della sua pedagogia, fattore essenziale di un ambiente educativo. Da vero “genio del bene”, don Bosco aveva capito che il divertirsi, il ridere, il camminare insieme, creano una positiva sensazione di benessere e rappresentano una preziosa opportunità di relazione con le persone e con la natura. Sono perciò il segreto della vera amicizia, della profonda sintonia e quindi della vera comunicazione.

Ecco perché i divertimenti, gli svaghi avevano una grande importanza ai suoi occhi di educatore e di padre spirituale. Tra i tanti passatempi da lui inventati e promossi, don Bosco diede importanza anche alle passeggiate. Nell’esperienza pedagogica preventiva del prete di Valdocco questi mezzi, come altri, avevano anzitutto lo scopo di sottrarre i ragazzi dai pericoli del tempo libero vissuto senza impegno e, nello stesso tempo, erano un’occasione di maturazione e di divertimento sano e piacevole che arricchisce il corpo e lo spirito. Ciò che don Bosco voleva mostrare ai giovani era che il servire Dio può andare di pari passo con l’onesta allegria.

Una delle mete preferite da don Bosco per le passeggiate con i suoi giovani era la Basilica di Superga. Nelle Memorie dell’Oratorio si legge che un giorno, provvisti del necessario, si incamminarono verso la collina tra canti e tanta allegria. Arrivati ai piedi della salita, don Bosco trovò un cavallo mandato da don Anselmetti, curato di quella chiesa, e così a cavallo, circondato dai suoi giovani, tra canti e risate, giunse alla Basilica. Inoltre, ogni anno, in ottobre, per la festa della Madonna del Rosario, era diventata tradizione che la comitiva facesse tappa ai Becchi – luogo di nascita del santo, frazione di Castelnuovo d’Asti – dove il fratello di don Bosco, Giuseppe, per ospitarli metteva a disposizione non solo la casa, ma anche il granaio.

Dal 1859 le passeggiate autunnali si trasformarono in veri e propri itinerari festosi attraverso le colline del Monferrato. Don Bosco le scaglionava in tre o quattro settimane nei mesi di settembre e ottobre: erano veri campi di vacanza, i giovani però le meritavano solo con la buona condotta! La preparazione veniva fatta molto tempo prima: don Bosco si preoccupava non solo del vettovagliamento e dell’alloggio, ma anche della musica, del canto, del teatro, che per lui erano fattori indispensabili per queste escursioni. Particolarmente curato era l’aspetto formativo, perché l’intento dell’educatore piemontese era quello di fare del bene non solo ai ragazzi, ma anche di “edificare” le persone che avrebbero incontrate sul loro cammino. Era una forma di evangelizzazione e di apostolato.

Lo schema era diventato abbastanza comune: la comitiva entrava in paese in mezzo ad un gran frastuono e con la banda in testa. Dopo aver salutato la gente, i giovani si dirigevano subito in Chiesa, seguiti anche dalla gente del posto, forse un po’ sconcertata e meravigliata. Dopo una breve funzione, che oggi chiameremmo catechesi, andavano alla ricerca di un alloggio per passare la notte. La mattina dopo, prima di tutto partecipavano alla Messa, poi si divertivano con giochi vari e anche piccoli concerti. Dopo una giornata di viaggio tra le colline, a sera, dopo la benedizione con il SS. Sacramento, vi era la tipica rappresentazione teatrale sulla piazza principale del paese o in una sala apposita. La giornata terminava con il lancio di palloni aerostatici e l’accensione di razzi e ruote pirotecniche: era uno spettacolo attraente che si godeva anche dai paesi vicini.

Le passeggiate di don Bosco con i suoi giovani potrebbero forse dare ad alcuni l’impressione del vagabondaggio, del puro pellegrinaggio religioso, del teatro popolare ambulante; ma nella loro essenza erano un’intenzionale strategia educativa all’insegna della gioia per i giovani e un’occasione di apostolato per lui, sacerdote dal cuore missionario. Per i suoi ragazzi restarono nella memoria come avventure indimenticabili!

Con le camminate insieme ai giovani e con i soggiorni in campagna o in collina don Bosco precorse il turismo giovanile e, sotto certi aspetti, anche le colonie estive e i campi-scuola. Egli era, infatti, convinto che il movimento sia ciò che più giova alla salute fisica e che la poca salute dei suoi giovani potesse derivare dalla mancanza di movimento. Soprattutto era persuaso che l’allegria sia la condizione per il benessere sia fisico che spirituale e che i bambini e i ragazzi ne abbiano bisogno soprattutto nell’età - delicata - dello sviluppo della loro personalità.

Le passeggiate, dunque, mai improvvisate, ma preparate da lui con cura in ogni dettaglio e vissute in un clima di sorpresa, di allegria e di scoperta, erano per don Bosco non un vuoto passatempo, ma un mezzo efficace di maturazione, di vita di gruppo, di apertura di nuovi orizzonti, di conoscenza e di amicizia, soprattutto per i giovani più poveri.

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