Dimenticatevi il Catechismo didattico con domanda e risposta, stile san Pio X. E anche il più recente Catechismo della Chiesa cattolica ponderoso, fatto di affermazioni ben argomentate su ogni possibile tema. «Il Letterato Cinese dice» e «il Letterato Occidentale replica». Ricci dialoga, e che altro potrebbe fare? «Sono un viaggiatore solitario proveniente da lontano – dichiara umilmente nell’Introduzione – e la mia lingua parlata e scritta è diversa da quella cinese; non posso aprire bocca né muovere le mani. A causa della mia ottusità, io temo, più cerco di spiegare meno riesco a essere chiaro». Ma tacere è impossibile; ed ecco i dialoghi con alcuni letterati cinesi, insieme alla ricerca della verità, pur nella consapevolezza che se «l’universo non può contenere il Signore del Cielo, come potrebbe contenerLo questo libretto?».
L’intellettuale cinese apprezza l’umiltà del sapiente e dialoga volentieri con lui. E il metodo seguito da Ricci si rivela di una stupefacente modernità, forse perché aderente alla tradizione, la più adeguata, intelligente e mite quando il Vangelo si trova di fronte a una cultura a lui estranea. Il metodo di san Paolo all’Agorà di Atene. Il metodo dell’inculturazione del Vangelo, che non è una ruspa che spazza via tutto ciò che non riconosce, ma «agisce dal di dentro», ascoltando e comprendendo, alla ricerca dei semi di verità ovunque presenti. Come dichiara all’inizio Ricci: «La Via del Signore del Cielo è già presente nei cuori degli uomini, ma essi non la comprendono immediatamente».
«È l’impostazione comune a tutti i primi gesuiti – spiega padre Olmi, domenicano, nativo di Macerata («Se conosco il cinese? Lo studio da molti anni, ma da qui a dire di conoscerlo... ») – la ricerca di una ragione universale, la stessa di san Tommaso, che valga per tutte le culture. La ragione che accomuna e conduce alle soglie della fede». E la ri- cerca dei semi del Verbo: «Ricci ricorre a san Tommaso in chiave sapienziale, cercando le costanti antropologiche, la filosofia implicita.
Un lavoro culturale raffinatissimo. Ciò che per Aristotele è per san Tommaso e il cristianesimo occidentale, Confucio è per i cinesi. Ma se Aristotele tratta la natura delle cose, Confucio si occupa delle relazioni sociali. Noi, aristotelici, siamo interessati al principio di causalità; i cinesi, confuciani, al principio di finalità, ossia all’ordine sociale». E il Verbo? Così in latino è tradotto il greco Logos, in italiano Parola, espressione che richiede ulteriori spiegazioni... E in cinese? Logos e Verbum vengono resi con Tao (o Dao), cioè Via, «proprio come Cristo è via, verità e vita – osserva Olmi. – Si poteva tradurre con 'Parola sacra', espressione però incomprensibile per i cinesi. Invece Tao funziona così bene da essere stato assunto dalla teologia cattolica cinese».
Teologo e letterato è don Sun, che con altri due sacerdoti cinesi conduce a Macerata il Centro studi Li Madou, che fa apostolato culturale e organizza convegni in Cina rivolti a studiosi del cristianesimo, non necessariamente cristiani. D’altronde l’interesse attorno al cristianesimo in Cina è fortissimo, studiato com’è nelle Università statali, in particolare a Wu Han.
E così, da quattro secoli, Ricci dialoga. L’obiettivo della nuova traduzione (il volume è in lingua originale con testo italiano a fronte) è soprattutto questo, rendere il Catechismo comprensibile ai cinesi del XXI secolo. Il testo è infatti trascritto in caratteri semplificati, in una lingua che ai cinesi suona un po’ come il volgare di Dante a noi italiani: non facilissimo, ma comprensibile. «Il nostro sogno? Poterlo pubblicare in Cina, con le introduzioni mia e di Criveller» confida Olmi. Ricci se lo meriterebbe. E Tianzhu, il «Signore del Cielo», non abbiamo dubbi che saprà ascoltare la preghiera.