lunedì 21 novembre 2011
​Oggi la Giornata pro orantibus: tutta la Chiesa impegnata nella preghiera per quanti vivono oltre la grata, "testimoni dell'amore del Signore per gli uomini".
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Segni concreti di quella sapienza che oggi molto spesso si fatica a trovare. Così il 1° dicembre 2010 Benedetto XVI descriveva l’identità più autentica di quegli uomini e quelle donne che scelgono la clausura. «Le donne e gli uomini che si ritirano per vivere in compagnia di Dio, proprio grazie a questa loro scelta, acquisiscono un grande senso di compassione per le pene e le debolezze degli altri – notava il Papa –. Amiche e amici di Dio, dispongono di una sapienza che il mondo, da cui si allontanano, non possiede e con amabilità, la condividono con coloro che bussano alla loro porta». Queste parole del Pontefice hanno ispirato il tema scelto per la Giornata «pro orantibus» di quest’anno: «Monache, amiche di Dio». Una ricorrenza che la Chiesa pone nel giorno in cui fa memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria e che è occasione per riscoprire il significato della particolare vocazione alla clausura. La comunità dei credenti, infatti, guarda con rispetto e riconoscenza ai religiosi che vivono oltre la grata, simbolo di una scelta di «totalità» che è immagine dell’«opzione di Dio per l’uomo». L’amore incondizionato del Padre per l’umanità è di fatto la radice di ogni vocazione, sia essa al matrimonio, al presbiterato o alla vita religiosa, ma nella clausura esso diventa particolarmente evidente. «La Giornata mondiale per le claustrali – ricordava ieri l’Osservatore Romano – è un’opportunità che ricorda ai cristiani l’essenziale della loro fede, la ragione del loro Battesimo: l’amore di Dio anteposto a tutto».La ricorrenza di domani, d’altra parte, non è solo un’occasione di riflessione e di preghiera ma anche un momento privilegiato per riscoprire le numerose figure che nei secoli hanno arricchito la scelta della vita claustrale. Santi che oggi sono il modello per tanti monaci e monache nella loro vita quotidiana. Tra questi testimoni, ad esempio, spicca la figura di santa Veronica Giuliani (1660-1727), di cui l’anno scorso sono stati ricordati i 350 anni dalla nascita. Nata a Mercatello sul Metauro, in provincia di Pesaro-Urbino, nelle Marche il 27 dicembre 1660, entrò nel convento delle Cappuccine di Città di Castello a 17 anni. La sua vicenda fu caratterizzata dai segni della Passione di Cristo che portò impressi nel suo corpo.«Le 22 mila pagine manoscritte del Diario lasciate da santa Veronica Giuliani – racconta suor Serena, badessa delle Cappuccine di Mercatello sul Metauro – sono un resoconto dell’opera della grazia in lei. Vissuta cinquant’anni nel monastero delle Cappuccine di Città di Castello, non scrive per insegnare, ma solo per obbedire a confessori e inquisitori. Nel Diario, steso nell’arco di 33 anni – prosegue la Badessa – scopriamo uno stimolante cammino di fede e la crescita nell’amore a Cristo e ai fratelli. La sua attenzione alla liturgia e le citazioni bibliche denotano un autentico amore a Cristo e alla Chiesa».La Giuliani vive in un periodo difficile per la Chiesa, il Settecento, segnato da un grande conflitto spirituale in Europa. In questo scenario la santa marchigiana ha vissuto tra priorità: il richiamo alla trascendenza di Dio, il valore della preghiera, la fecondità della sofferenza e dell’espiazione. «Questi aspetti sono particolarmente profetici per il nostro tempo – evidenzia ancora la badessa – specie il terzo, in quanto l’amicizia e l’amore non sono solo momenti sentimentali, ma si fanno carico del dolore dell’altro, condividendolo e indicando la via del perdono. Questo è l’aspetto grande di tutti i santi: farsi partecipe della misericordia di Dio». Orizzonte nel quale ancora oggi si pongono ogni giorno i monaci e le monache di tutto il mondo.
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