martedì 20 dicembre 2011
Aiuto, formazione, arte. Dalla struttura – dove operano in svariate attività solidali 80 volontari – 39mila euro l’anno al Comune.
Bufale e trucchi. Così la saga continua
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Trentottomila euro? «Sì, ha capito bene. Anzi, quasi 39.000. Su queste cose conviene essere precisi!». Ci scherza anche su, padre Giacomo Costa, gesuita, che guida la sezione culturale della Fondazione San Fedele di Milano. E che magari ignora il grande dispiacere che sta per dare, a mezzo stampa, ai professionisti della rissa ideologica per i quali la Chiesa sarebbe eternamente agevolata: sì, il Centro paga l’Ici. Lo fa da sempre. Anche se in questa struttura, nella centralissima piazza San Fedele del capoluogo, convergono 80 volontari che dedicano tempo e risorse per offrire visite specialistiche e farmaci a chi vive situazioni di emergenza e marginalità sociale. Anche se proprio l’austero palazzo dei Gesuiti ospita la "Sesta Opera", una delle più antiche associazioni di assistenza carceraria operanti in Italia (è nata nel 1923 e impegna più di 100 volontari). E anche se il ruolo dell’Istituto nell’arte, nella musica, nel cinema (ricchissimi i cartelloni stagionali per ciascuna disciplina), è riconosciuta da oltre mezzo secolo: si formano qui – non immuni dalla sensibilità propria della Compagnia di Gesù che entra nei processi di elaborazione della cultura – generazioni di giovani artisti chiamati spesso a dire la loro nel panorama nazionale. Tra queste mura, l’impegno nella costruzione di un dialogo tra fede e arte, tra fede e pensiero, è quotidiano. Insomma, ce n’è abbastanza per addentrarsi in questo luogo di cultura, spiritualità e assistenza – uno di quelli che fanno gola ai fomentatori degli "sprechi" e dei "privilegi" della Chiesa – e conoscerlo. Nel Centro lavorano in tutto 20 persone, guidate da sei padri gesuiti. Dal punto di vista strutturale, fiore all’occhiello dei ristrutturati spazi è la sala cinematografica da 500 posti, tecnologicamente una delle più moderne d’Italia per la musica contemporanea. Non è la sola. Ce ne sono altre tre: una da cento posti e due da cinquanta. Vengono utilizzate anche per conferenze, incontri, presentazioni di libri. A proposito di cinema, di premi e di cartelloni del San Fedele: non è certo un caso se anche Federico Fellini, Marcello Mastroianni o Pietro Germi, tanto per citarne alcuni, abbiano frequentato questo posto. Ma come si sostiene, economicamente, una simile opera? «Il palazzo comprende alcune parti affittate – spiega padre Costa –. Dalle quali, come per le sale polifunzionali, ricaviamo i fondi per sostenerci. Le altre entrate sono costituite da donazioni e da esigui contributi di enti pubblici». E quando si parla di Ici, commenta: «Nessuno nega che ci possano anche essere abusi o sbagli in alcuni ambienti ecclesiali ma c’è un rilevante problema di informazione quando si parla di Chiesa. A volte si tende volutamente a mistificare o a negare» dice, mostrando la ricevuta di una rata dell’Ici. Pagata.
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