L’esterno della Procura della Repubblica di Bologna - Ansa
Vive da alcuni mesi con le due figlie di 6 e 7 anni in una comunità alloggio in provincia di Brindisi, su disposizione del Tribunale dei minorenni di Taranto, ma tra pochissimi giorni dovrà lasciarla. Nel frattempo la Corte d’appello di Bologna ha deciso, nell’ambito della causa di separazione che la riguarda, che sarà lei il 'genitore collocatario' per le due piccole. Potrebbe quindi far ritorno a Marzabotto, dove ha casa e lavoro, ma c’è un ostacolo al momento insormontabile. I giudici di Bologna hanno confermato il precedente decreto del Tribunale dei minorenni di Taranto secondo cui le due bambine sono affidate ai Servizi sociali della provincia di Brindisi. La madre aveva ottenuto il permesso di stare con loro, anche perché al padre è stata sospesa la responsabilità genitoriale.
Quindi, se la donna si allontanasse, le piccole resterebbero sole e si aprirebbe per loro la strada dell’affido familiare e poi, forse dell’adozione. Ma se rimanesse in Puglia il rischio di perdere le piccole sarebbe ugualmente elevato. Infatti, non avendo nel luogo indicato dal Tribunale né casa né lavoro, non potrebbe dimostrare di poter accudire le sue bambine né di assicurare loro i mezzi necessari per un sostentamento dignitoso.
E quindi i servizi sociali sarebbero costretti ad intervenire. Proprio gli stessi servizi sociali che hanno già annunciato alla donna che dopo il 31 dicembre non verseranno più la quota necessaria per la comunità alloggio. Mamma e figlie dovranno quindi cercarsi un’altra residenza. La decisione della Corte di appello che la abilita come 'genitore collocatario' non le concederebbe più il diritto di rimanere 'ospite' della comunità. Mentre, come detto, la conferma dell’affidamento ai servizi sociali in Puglia, impedisce alla donna di fare ritorno in Emilia. E se decidesse comunque di prendere la strada di casa? Violerebbe un decreto esecutivo e rischierebbe di perdere il 'collocamento' delle figlie, perché in questo caso ad intervenire sarebbero i servizi sociali di Bologna. Insomma, nonostante due decisioni formalmente favorevoli di due tribunali diversi, questa mamma di origini ucraine che chiameremo Myriana, rischia di perdere comunque le figlie.
Una vicenda paradossale di cui avevamo già raccontato il 'primo tempo' lo scorso 26 luglio. L’odissea giudiziaria era cominciata sei anni fa, al culmine di una crisi coniugale sfociata poi in una separazione con molte sacche di conflittualità. La vicenda, transitata anche attraverso i servizi sociali della Val d’Enza – senza gli esiti devastanti toccati agli altri genitori coinvolti nell’inchiesta – aveva poi avuto una parziale risoluzione con l’affido delle bambine all’ex marito di Myriana. Ma pochi mesi dopo l’uomo, di origini pugliesi, senza comunicare nulla né all’ex moglie a cui comunque il tribunale aveva riconosciuto il diritto/dovere di vedere regolarmente le bambine, né all’autorità giudiziaria, aveva deciso di far ritorno al paese natale in provincia di Taranto. Una scelta gravissima sotto il profilo penale, perché violazione di una decisione dell’autorità giudiziaria, e sotto il profilo umano, perché ha strappato le figlie alla mamma. Altri mesi di conflitti, carte bollate, denunce, attese, spese ingenti, avvocati e sentenze.
Peripezie che dovrebbero essere studiate in un corso di laurea in giurisprudenza per comprendere tutto quello che non andrebbe mai fatto quando il diritto intreccia la vita di minori e di famiglie disgregate. Invece ora il combinato disposto delle due decisioni assunte dalla Corte d’appello di Bologna e dal Tribunale per i minorenni di Taranto, ha finito per aggravare una situazione già in bilico. I giudici del Tribunale civile spiegano nella sentenza che la scelta di lasciare madre e figlia nella 'struttura educativa a regime residenziale' in provincia di Brindisi si motiverebbe con l’esigenza di non allontanare «le bambine dal contesto familiare, sociale e scolastico in cui si trovano da qualche anno».
Ma, a parte il fatto che questa struttura dovrà essere abbandonata tra pochi giorni, dimenticano che la loro decisione impone di fatto alla madre di continuare a risiedere in Puglia. Una scelta che obbligando a un cambio di residenza una persona che non ha commesso alcun reato, anzi il cui equilibrio personale è stato valutato tanto positivamente da essere indicato come 'genitore collocatario', lede di fatto un diritto costituzionale, quello di fissare la propria residenza dove si ritiene più opportuno in un quadro di libertà personale. Occorre porre rimedio a questa ingiustizia. E in tempi brevi.