Tre cappellani di tre carceri del Nord e del Sud. E le loro tre storie di perdono. Storie di morte e risurrezione, storie nate del dolore e nell’ingiustizia che poi, a poco a poco, sanno aprirsi alla speranza. Percorsi mai facili, spesso tortuosi, sempre dolorosi. Perché perdonare gli altri, per un cuore generoso ed educato, è difficile ma non impossibile: accade. Più arduo è 'perdonare' Dio, quando lo si 'prega' con la preghiera straziante di chi gli urla la propria rabbia, come fa il protagonista della storia narrata da don Virginio Balducchi: «Perché hai permesso di uccidessi? Perché non mi hai fermato?». La pace è assai più difficile, quando deve fare i conti con il dono più meraviglioso e terribile di Dio all’uomo: la libertà. Ma difficilissimo, quasi impossibile è perdonare se stessi, riconciliarsi con il proprio passato. Terribile è il perdono – per il protagonista della storia narrata da don Marco Pozza – da negare o concedere a tua madre che ti ha abbandonato accanto a un cassonetto a quindici giorni di vita, condannandoti a un’esistenza a metà, ad affetti amputati, a un cuore zoppo. E difficile, a volte, è per le istituzioni fidarsi, accettando che 'criminali incalliti' decidano per un diverso futuro, come i detenuti della sezione d’alta sicurezza della storia narrata da don Raffaele Sarno. Quando però il perdono zampilla, la festa è immensa. Chiamiamola Pasqua...