martedì 22 ottobre 2024
La denuncia dell'associazione in un convegno a Roma alla presenza del ministro della Salute, Schillaci. La replica: «Serve uno sforzo per invertire la rotta, i pazienti al centro della nostra azione»
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Presentato al Ministero della Salute il Terzo Rapporto civico sulla salute di Cittadinanzattiva. Non proprio notizie positive dal momento che viene delineata «un’immagine di un Servizio Sanitario nazionale fortemente indebolito, fragile e spesso inadeguato a fronteggiare le richieste di salute dei cittadini - si legge nel report -. A quattro anni di distanza dalla pandemia è sempre più chiaro il “precario stato di salute” del Sistema Sanitario Nazionale e appare sempre più evidente il forte depauperamento del personale sanitario e la fragilità dell’assistenza territoriale, mentre si acuiscono ancora di più le diseguaglianze tra le Regioni».

L'indagine ha analizzato le oltre 24mila segnalazioni che sono state fatte nel corso del 2023 al sistema sanitario - 14 mila in più rispetto a un anno fa -. Quasi una su tre fa riferimento al mancato accesso alle prestazioni. Il 14% invece alle difficoltà nel rapporto tra i cittadini e i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta nella continuità assistenziale e nel raccordo ospedale territorio. Poi vengono segnalati i pronto soccorso: affollati e carenti di personale. Il depauperamento del personale è una delle maggiori fragilità del sistema: si stimano circa 4,5mila medici e 10mila infermieri in meno rispetto al necessario.

«Le segnalazioni del Rapporto civico, da sempre 'termometro' del rapporto tra cittadini e Servizio sanitario, ci restituiscono un fermo immagine da anni bloccato sull'accesso, la piaga della sanità pubblica», commenta Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. «Rivendichiamo per la sanità pubblica risorse maggiori e continuative, dopo che per anni essa è stata considerata una specie di salvadanaio a cui attingere per tappare i buchi di bilancio del nostro Paese, impoverita e desertificata. Dal 2008 non si propone al Parlamento un Piano sanitario nazionale, senza investimenti e senza un Patto di corresponsabilità fra Stato centrale e Regioni», conclude.

Di fatto per gli italiani sta diventando sempre più difficile avere accesso alle cure sanitarie pubbliche: 4,5 milioni di persone rinunciano a causa delle liste d'attesa (anche questo un dato raddoppiato rispetto a un anno fa). "La quota delle persone che hanno dovuto fare a meno delle cure - si legge - ammonta al 7,6% dell'intera popolazione nel 2023, in aumento rispetto al 7% dell'anno precedente, con 372 mila persone in più».

Per una visita di controllo oncologico si deve aspettare più di un anno, 480 giorni per l'esattezza. Per una prima visita oculistica in classe P (programmabile e da eseguire entro 120 giorni) si può attendere anche 468 giorni. Invece, 526 giorni per un ecodoppler tronchi sovra aortici in classe P (programmabile, da erogare entro 120 gg). Questi sono solo alcuni dei dati che squadrano un sistema in grossa difficoltà. Le regioni meridionali registrano tempi di attesa maggiori rispetto a quelle del Nord, sia per le visite specialiste, sia per gli interventi chirurgici. Questo - e l'assenza di strutture adeguate, come ospedali di prossimità oppure la semplice mancanza di medici di base o pediatri - si traduce in un ricorso maggiore alla mobilità sanitaria: cittadini del sud che si spostano per curarsi nelle regioni settentrionali. Lombardia, Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano, infatti, mostrano un'offerta sanitaria più avanzata e digitalizzata.

In risposta, il Ministro della Salute, Orazio Schillaci ha chiesto uno "sforzo per invertire la rotta" per rimettere "al centro il cittadino": «Dobbiamo avere un sistema più efficiente e tappare il serbatoio che è pieno di buchi, ma non dobbiamo sprecare semplicemente l'acqua. I buchi, a volte, sono all'incapacità organizzativa: ancora oggi, se andiamo a vedere, quando alcune Regioni chiedono più soldi per le liste d'attesa non hanno speso neppure quelli che hanno ricevuto dal governo precedente».

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