La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al fianco del presidente argentino, Javier Milei, si affaccia e lancia baci dal balcone della Casa Rosada, reso celebre da Evita Peron - ANSA
Prima ancora degli affari, la visione politica. Con Javier Milei che corre a 100 all’ora verso una sorta di “Lega dei Paesi conservatori” e Giorgia Meloni che, seppur interessata, frena e prende tempo in un momento in cui i principali Paesi europei - è emerso in modo lampante al G20 di Rio de Janeiro - sono costretti a fare asse tra loro e a fare cerchio intorno all’Ucraina. Il tema di un fronte dei Paesi guidati da leader di destra è stato affrontato durante la cena privata di martedì offerta da Milei nella residenza presidenziale di Olivos a Buenos Aires, nell’ambito di una serata che Palazzo Chigi ha definito «ristretta e informale».
Invece il bilaterale ufficiale di mercoledì mattina alla Casa Rosada, dopo la deposizione di una corona di fiori, da parte di Meloni, al monumento di Josè de San Martin, “El Libertador”, protagonista dell’indipendenza di Argentina, Cile e Perù. Prima del vertice, i due leader si sono affacciati dal balcone di plaza de Mayo, quello reso celebre da Evita Peron, elargendo alle persone che si sono affollate sul posto baci e larghi sorrisi e a Milei battute scambiate anche all’orecchio e pacche sulle spalle. Forte familiarità anche tra Meloni e la sorella di Milei, Karina, segretario generale della presidenza, prima della foto ufficiale nel Salon Blanco.
Le parole di Milei durante le dichiazioni congiunte suonano davvero come un programma politico intergovernativo: «Siete in famiglia», dice il presidente argentino che si lancia poi in un discorso in cui parla apertamente di una «alleanza di nazioni libere unite contro la tirannia e la miseria» in cui «buon senso, famiglia, libertà», contrasto all’immigrazione irregolare e «sovranità», da contrapporre a «organismi sovranazionali sclerotici», sono la ricetta per un «Occidente nelle tenebre». Meloni al suo fianco sta al gioco, ritiene «non casuale» che la sua prima visita ufficiale in Sud America sia in Argentina, conferma la «forte unità di vedute» tra due leader che «si battono per difendere l’identità dell’Occidente».
Tuttavia sta più sui temi - Venezuela, contrasto alla criminalità, rapporti commerciali, la stesura di un Piano d’azione - e non dimentica di inserire la linea italiana in quella europea. Entrambi ammettono che gli scambi economici sono molto inferiori alle potenzialità. A seguire, e prima di rientrare in Italia, la premier ha assistito al teatro Coliseo allo spettacolo “Luz, camara... danza! Omaggio al grande cinema italiano”.
Entrambi di rientro dal G20, i due leader hanno soprasseduto sul diverso ruolo avuto a Rio: Milei il “guastafeste” che ha irritato non poco Lula, Meloni una delle mediatrici per le dichiarazioni finali e per tenere agganciati i Paesi del G7 ai Brics. Il focus, per Roma, è provare a mettersi nella scia delle liberalizzazioni annunciate da Milei per aumentare gli affari delle imprese italiane in Argentina (soprattutto in ambito energetico, con un rinnovato ruolo di Enel). Non a caso a Buenos Aires con Meloni c’è (come a Rio) anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. I rapporti tra i due Paesi sono solidi anche alla luce della folta e storica comunità italiana. Secondo gli ultimi dati sono 307 le imprese con capitale italiano che operano in Argentina. Ma nel primo semestre del 2024 l’interscambio bilaterale è stato di 996 milioni di euro, con una flessione del 17,8% rispetto al 2022. In ogni caso Roma rappresenta, a livello globale, l’8° fornitore e il 19° cliente dell’Argentina mentre, tra i paesi Ue, siamo il secondo fornitore dopo la Germania.
Quanto agli aspetti geopolitici, la proposta della “Lega dei conservatori” è stata lanciata da Milei pochi giorni fa a Mar-o-lago, dove ha incontrato Donald Trump. Il presidente argentino in quella sede ha ipotizzato un filo rosso che collega «gli Stati Uniti nel Nord, l’Argentina nel Sud, l’Italia nella vecchia Europa e Israele come sentinella nella frontiera in Medio Oriente». Ma la premier non può correre; sia per il posizionamento strettamente europeo su Kiev, ribadito anche a Rio insieme all’auspicio che l’amministrazione Trump non “divarichi” il fronte occidentale; sia per la linea rispetto al conflitto mediorientale. C’è bisogno di un contesto diverso per dare una forma all’affinità culturale e politica che Milei vuole evidenziare.