mercoledì 20 novembre 2024
Nomine approvate con il quorum dei due terzi. Una giornata sull'ottovolante per i due commissari
Il commissario Ue, Raffaele Fitto

Il commissario Ue, Raffaele Fitto - Ansa

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Le commissioni del Parlamento Europeo hanno dato via libera alla nomina dei due vicepresidenti esecutivi della Commissione (i vice di Ursula von der Leyen) più contestati. I coordinatori delle commissione Affari regionali dell'Eurocamera, con il quorum dei due terzi, hanno approvato la nomina di Raffaele Fitto, con delega alla Coesione. Allo stesso tempo le commissioni Affari Economici, Industria e Ambiente hanno dato l'ok definitivo alla nomina della soagnola Teresa Ribera. Le commissioni parlamentari competenti hanno dato il via libera alla nomina a vice presidente della Commissione di Henna Virkkunen. La candidata popolare era rimasta, come Teresa Ribera e Raffaele Fitto, ostaggio degli ultimi scontri tra Popolari e Socialisti sulla finalizzazione dell'accordo che ha portato solo ora alla nomina di tutti i sei vicepresidenti esecutivi. Si chiude così una giornata che ha visto la Commissione sull’ottovolante fino alla fine.

L'esito positivo delle nomine ha fatto sì che, come comunicato da Nicola Procaccini, copresidente di Ecr, gli eurodeputati di FdI voteranno a favore della Commissione Ue mercoledì 27, alla prossima sessione plenaria a Strasburgo, mentre il gruppo Ecr avrà libertà di voto. «A Strasburgo si voterà per il collegio e non sulla piattaforma politica», ha spiegato Procaccini.

In serata a Fitto sono arrivati i complimenti della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: «Incarico a Fitto vittoria di tutti gli italiani, non di governo o partito». «Abbiamo ottenuto un portafoglio di peso e il coordinamento di deleghe strategiche per la nostra Nazione e per l'Europa intera, come l'agricoltura, la pesca, l'economia del mare, i trasporti e il turismo - ha sottolineato la premier -. Questa indicazione è la conferma di una ritrovata centralità dell'Italia in ambito europeo, all'altezza del nostro ruolo come Stato fondatore della Ue, seconda manifattura d'Europa e terza economia del Continente».

L’happy end è arrivato, in tempo per il voto di conferma dell’intera Commissione Von der Leyen II, la prossima settimana a Strasburgo. Al termine di una giornata convulsa, ricca di incontri, telefonate, riunioni, i tre gruppi della “maggioranza Ursula” (Popolari, Socialisti e Liberali e macroniani di Renew) avevano dato un via libera iniziale al pacchetto delle sei vicepresidenze esecutive della Commissione, ovviamente Raffaele Fitto incluso, dopo che la settimana scorsa erano stati approvati tutti i commissari ordinari (tranne l’ungherese Oliver Varhely). A tarda sera, però, nuovi attriti al momento del voto nelle singole commissioni, partiti da quello sulla spagnola Teresa Ribera, hanno fatto rifermare la procedura pure per l’italiano.
«Abbiamo trovato un approccio bilanciato – aveva dichiarato dopo la riunione dei presidenti dei gruppi il leader Ppe, Manfred Weber -, la cosa più importante è avere una Commissione in carica il 1° dicembre e avere stabilità in Europa. Socialisti, popolari e liberali avranno la possibilità di avere una forte influenza nella prossima Commissione e anche l’Italia deve essere parte della leadership della prossima Commissione». Un’intesa sigillata anche da un documento comune (non vincolante) dei tre gruppi (denominato “Dichiarazione su una piattaforma di cooperazione”) in cui ribadiscono l’intesa di «cooperare per la decima legislatura del Parlamento Europeo. Riconosciamo le sfide poste dalla situazione geopolitica, il divario competitivo dell’Europa, le questioni di sicurezza, la crisi climatica e le diseguaglianze socio-economiche». Per questa ragione, si legge ancora, «riaffermiamo l’impegno a lavorare insieme con un approccio costruttivo per avanzare un’agenda di riforme basate sulle linee guida del 18 luglio 2024 della presidente della Commissione Europea, nei migliori interessi dei cittadini europei». Un documento che elenca nove punti, tra cui «unire l’Europa», una «politica efficace della migrazione», «difendere la democrazia», la necessità di riformare l’Unione.
Un tentativo, in realtà, di consolidare un’alleanza di fatto traballante, con l’occhio di Weber sempre più rivolto a destra. Non a caso il leader del Ppe ha voluto elogiare i Conservatori (l’Ecr, di cui fa parte FdI), il cui gruppo «è stato pienamente impegnato a sostenere tutti i candidati» commissari, e dunque, aggiunge, «è pronto a lavorare in modo costruttivo per portare la prossima Commissione in carica e questa è una buona notizia».
Per arrivare a quel che è stato il tribolato risultato finale c’è voluto l’intervento ai massimi vertici, con il premier spagnolo socialista, Pedro Sanchez, che, pur di salvare la sua fedelissima Ribera (designata vicepresidene per l’Antitrust e il Clima e di fatto “numero due” di Von der Leyen), ha richiamato all’ordine Iratxe Garcia Perez, la socialista spagnola a capo del gruppo dei Socialisti&Democratici, ordinandole di votare per Fitto (finora osteggiato in quanto di «estrema destra» perché appartenente a Ecr, la richiesta era di togliergli la vicepresidenza esecutiva). Un’intesa arrivata dopo l’intervento della stessa Ribera, tuttora vicepremier spagnola e responsabile per il Clima, di fronte al Parlamento di Madrid, per rispondere sulle disastrose alluvioni a Valencia. E ha pesato inoltre la scelta del leader del Ppe e presidente del gruppo al Parlamento Europeo, Weber, di “scaricare” i Popolari spagnoli, che di votare per Ribera non ne vogliono proprio sapere. Unico contentino: l’insistenza del Ppe sul fatto che Ribera «dovrebbe essere pronta a dimettersi a seguito di una richiesta del sistema giudiziario spagnolo». Fatto sta che, in una burrascosa riunione mattutina, Weber ha vidimato il via libera del Ppe senza la delegazione spagnola, che invece continua a minacciare di votare contro l’intera Commissione, vista la presenza persistente di Ribera. Rimaneva il nodo del commissario ungherese Varhely, orbaniano di ferro, designato alla Salute e al Benessere animale: alla fine è passato pure lui con solo qualche ritocco alle sue competenze (perde solo i diritti riproduttivi e la gestione delle pandemie).
I maldipancia nei gruppi, però, restano. Oltre ai popolari spagnoli, ci sono i dubbi dei socialisti tedeschi e soprattutto francesi nei confronti di Fitto; questi ultimi appaiono intenzionati a votare no all’intera Commissione. La maggioranza al voto del 27 novembre a Strasburgo, tuttavia, sembra assicurata, visto che per la nuova Commissione voteranno parti dei Conservatori (tra cui certamente FdI). E resta da capire che cosa faranno i Verdi, che a luglio hanno votato per la tedesce Von der Leyen.

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