Crolli a Biancavilla e Santa Maria di Licodia (foto Ciak Telesud, emittente di Paternò)
Sono state due le scosse di una certa consistenza registrate nella notte nel Catanese. La maggiore, che che ha provocato paura e allarme nella popolazione, è stata di magnitudo 4.8 a 2 chilometri dal comune di Santa Maria di Licodia alle 2,34. Poco dopo, alle 2,59, secondo quanto riportato dall'Ingv, il Centro Nazionale Terremoti, ne è seguita una di magnitudo 2.5 nei pressi di Biancavilla. In precedenza, qualche scosso intorno alla magnitudo 2 aveva interessato la zona di Bronte.
Una quarantina di persone sono state visitate in ospedale a Catania per attacchi di panico o lievi ferite, più che altro contusioni. Pochi i danni segnalati: il crollo di qualche cornicione, in particolare di una chiesa e del tetto di una casa rurale abbandonata. Nessun problema serio per la stabilità degli edifici. Tante le persone che hanno preferito passare la notte in strada e nelle auto.
Ma è la memoria a fare più male: andando indietro nel tempo e nella storia, si risale al lontanissimo 4 febbraio 1169, quando la città etnea, l'intera costa della Sicilia orientale e la Calabria meridionale furono travolte da un evento sismico catastrofico. La scossa raggiunse il X grado della scala Mcs, 6.6 Richter e l'epicentro fu individuato nel mare Ionio lungo la costa tra Catania e Siracusa. Quindicimila furono le vittime, equivalenti alla quasi totalità della popolazione, 20mila considerando le cittadine adiacenti cioè i paesi principali della provincia e le città del Val di Noto, della Piana di Catania e della Val Demone. Catania, Lentini, Modica e Piazza Armerina vennero rase al suolo. Secondo fonti antiche, si verificò anche un'eruzione dell'Etna con crollo parziale del versante orientale. Anche la città di Messina subì danni per un maremoto provocato dall'evento sismico, che ancora più intensamente colpì le coste ioniche della Sicilia risalendo per circa 6 km il corso del fiume Simeto. La furia delle acque distrusse il villaggio di Casal Simeto che non venne mai più ricostruito. Un elevato numero di fedeli e del clero catanese, compreso il vescovo della città, Giovanni d'Aiello, morirono sotto il crollo della Cattedrale di Sant'Agata mentre era in corso una funzione religiosa alla vigilia della festa di Sant'Agata che ricorre il 5 febbraio (la cosiddetta 'Messa dell'aurorà). Per questo il terremoto del 1169 è anche noto come 'Terremoto di Sant'Agata'.
Il 3 ottobre 1624 Catania fu investita ancora da un terremoto (VIII Mcs, 5,6 Richter) con effetti distruttivi a Mineo (l'epicentro). Colpita un'area limitata fra i monti Iblei e la piana di Catania. Ma fu l'evento sismico del 10 marzo 1669, seguito all'eruzione dell'Etna, quello con effetti distruttivi nel catanese in particolare a Nicolosi e preceduto da eventi sismici distruttivi il 25
febbraio e l'8 marzo.
Caratterizzerà la storia sismica e culturale della Sicilia, il terremoto con effetti distruttivi su vasta scala a livello regionale dell'11 gennaio 1693 che investì le province di Siracusa, Catania, Enna, Messina, Caltanissetta, Agrigento, Palermo. Lo sciame sismico
cominciò il 9 gennaio, culminando con scosse di intensità 7.7 della scala Richter e interessando l'intera Sicilia, Calabria e isola di
Malta, l'intera costa ionica siciliana. Meglio conosciuto come Terremoto del Val di Noto del 1693, avvierà in fase di ricostruzione
la realizzazione delle 'città nuove' e la diffusione del barocco siciliano.
Ad investire Catania si ricordano anche il terremoto del 20 febbraio 1818 (IX Mcs, 6.0 Richter) con epicentro ad Aci Sant'Antonio, con effetti distruttivi nel Catanese, alle falde dell'Etna e nei paesi della costa dello Ionio. Poi l'11 gennaio 1848 fu la volta di un
evento sismico (VIII Mcs, 5.6 Richter) percepito in tutta la Sicilia e a Malta con epicentro nel golfo di Catania. Augusta fu la città più
colpita. Danni a Catania e Siracusa.