Ora non si dica che si era esagerato. Che è stato allarmismo. Che in fondo ad essere compromesso è “solo” il 2 per cento della territorio tra Napoli e Caserta.
Intanto perché quel 2% sono 21,5 chilometri quadrati, cioè 2.150 ettari, cioè circa 2.200 campi di calcio tanto per utilizzare un paragone ben noto agli italiani. È tanto? È poco? Vorremmo in primo luogo sapere se nel calcolo sono stati escluse la aree urbanizzate, i centri abitati, le aree industriali. E quello è territorio super cementificato.
Senza queste aree sicuramente la percentuale salirebbe e non di poco. Non è questione da poco. Perché i rifiuti non sono stati scaricati in piazze e viali ma nelle campagne.
Ci permettiamo allora di consigliare dei calcoli più precisi. Meglio, dunque, evitare sottovalutazioni come anche sopravvalutazioni.
Noi non lo abbiamo mai fatto, basandoci su fatti accertati sul campo. Direttamente. Tra fumi soffocanti (questi come si calcolano?) e scoli di percolato. I dati ci dicono comunque che gli occhi vanno tenuti ben aperti. Non ci sono alibi per chiuderli. Neanche la legittima e necessaria difesa delle produzioni agricole campane da attacchi ingiustificati e interessati. Ma la tutela dei pomodori e dei friarelli deve venire sempre dopo quella della vita delle persone.
E bene ha fatto il ministro della Salute, Lorenzin a distinguere e ad assicurare che lo screening sulle persone va avanti. Non è il caso di esultare né di urlare che si tratta di dati falsi. È un inizio, solo un inizio. Ora si certifichi quali terreni sono davvero indenni assegnando un marchio di qualità sanitaria ai prodotti di queste terre. Senza trucchi. E ricordando che prima dei pomodori vengono sempre le persone.