In piazza a Torino per la Tav (Fotogramma)
«Siamo qui a ribadire una posizione storica della Lega, che è sempre stata a favore delle grandi opere». Inviato da Matteo Salvini a conquistare la piazza di Torino, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari è scivolato sul fake. Perché in Piemonte tutti sanno ciò che sa l’alessandrino Molinari, ovvero che la Lega non è stata sempre a favore della Tav.
Del resto, quando si parla di alta velocità tutto è lecito. Anche rivendersi alleanze che non ci sono mai state. «Chi ascolta industriali e banchieri invece del popolo finisce male! Governo avvisato», tuonavano qualche giorno fa i No Tav, lasciando intuire un patto di ferro con i gilet gialli che non c’è, come non c’è mai stata un’alleanza con la Maurienne, la valle attraversata dalla nuova linea al di là delle Alpi.
La Lega torna dunque a difendere l’alta velocità, dopo averla combattuta per anni e lo fa con estrema prudenza. Dichiarando il proprio Sì nel flash mob promosso ieri dal comitato delle madamin in piazza Castello, ma anche provando a spostare le tensioni governative sul referendum, idea subito appoggiata dal governatore del Piemonte Sergio Chiamparino (Pd).
Molinari dunque assicura che «con M5s non c’è alcuno scontro, abbiamo trovato una sintesi su tanti argomenti, la troveremo anche su questo». Tuttavia, secondo il capogruppo, si può fare «una valutazione attenta su come realizzare l’opera», ma non «mettere in discussione la realizzazione». Quanto basta per far esultare Mino Giachino, uno dei promotori della manifestazione: «La Tav è salva».
Il Carroccio, in realtà, cerca di mantenere una difficile equidistanza tra gli ex alleati di Forza Italia che gli intimano di decidere in fretta - «Ok Lega in piazza ma dovrà dire "sì Tav" anche a Palazzo Chigi» (Anna Maria Bernini) - e l’ala governativa del M5s che tenta di disinnescare la miccia - «Non mi scandalizzo per il fatto che si vada in piazza a dire che si era per il sì alla Tav» (Luigi Di Maio) -, ma il Movimento accusa già la Lega di andare «allegramente a braccetto» con Chiamparino e Forza Italia. E, a sera, il ministro Danilo Toninelli avvisa: «Erano 10mila? 20mila? Ma noi, come governo, dobbiamo stare attenti ai numeri perché quell’opera dovrebbero pagarla in 60 milioni. Dobbiamo usare al meglio i soldi di tutti».
In questa situazione, il tempo lavora per Salvini. Quello stesso tempo che ha fatto dimenticare i volantini verdi degli anni 90, che intimavano «Stop Tav nella nostra valle» e poi l’alleanza con Berlusconi nel 2001, quando Bobo Maroni, leader della Lega di governo, sedeva vicino vicino a Pietro Lunardi, il papà della Tav… In questi decenni, l’alta velocità, pur unendo gli interessi del Nord non è mai stato un progetto leghista. Forse solo oggi, data l’evanescenza del centrodestra, può diventare realmente ma una moneta di scambio con «industriali e banchieri» e valere qualche milione di voti alle prossime europee.
In tal senso, la piazza gremita del 10 novembre è stata un monito che Salvini non ha esitato a cogliere, anche se ieri mattina, forse proprio perché la manifestazione ha perso il suo carattere civile per assumere una coloritura decisamente politica, i partecipanti erano poco più di ventimila (30mila secondo gli organizzatori) al grido «la Tav è il futuro».
L’esperienza di Torino, peraltro, rivaluta anche il peso della piazza reale, in contrapposizione a quella mediatica, ai fini della connessione tra politica e Paese. Salvini non è il solo a seguire le mosse delle piazze con grande attenzione - «è sempre un buon segno quando gli italiani partecipano e manifestano civilmente», ha detto il ministro dell’Interno, aggiungendo «dobbiamo tenerne conto» - perché la stessa attenzione è già scattata anche a sinistra: «La grande partecipazione di Torino, non solo di cittadini piemontesi, ma di amministratori, sindaci, politici anche di altre regioni, conferma come sia forte nella società la convinzione che ci sia bisogno della Tav», ha detto Sergio Chiamparino riconoscendo che «se la decisione del governo sarà sì, la vittoria sarà non di questo o quel partito, ma della grande comunità che anche oggi ha manifestato la sua volontà». Cioè della piazza.
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