Le proteste hanno impedito l’inizio dei lavori in Valsusa, ultimo baluardo della protesta no Tav, ma alla fine i sondaggi sono partiti. Dopo anni di discussioni, polemiche politiche e persino scontri, a Torino, Collegno e Orbassano sono iniziati i carotaggi su quello che potrebbe diventare il futuro tracciato della linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Lione. Un successo per l’Osservatorio tecnico presieduto da Mario Virano e per la politica del dialogo, applaudita da destra e da sinistra, che ha saputo svuotare l’opposizione all’opera delle sue frange più estreme.Il temuto bis degli scontri di cinque anni fa, a Venaus e Mompantero, infatti non c’è stato. Quando le forze dell’ordine, all’alba di ieri, si sono presentate alla baracca-presidio che da sabato scorso veglia su uno dei 91 siti selezionati per i sondaggi, si sono trovate di fronte poche centinaia di persone. «La nostra è una protesta gandhiana, pacifica e civile, ma noi di qui non ce ne andiamo», ha detto a polizia e carabinieri un loro portavoce, Alberto Perino. Punto e basta, perché la strategia dettata da Prefettura, Questura e Comando provinciale dei carabineri tutta improntata alla misura e al buon senso, non prevedeva nessuna reazione. I tecnici incaricati dell’avvio dei sondaggi se ne sono andati, così come le forze dell’ordine in divisa e in borghese.Una vittoria della protesta? Niente affatto, perché a pochi chilometri di distanza – allo scalo merci di Orbassano, alla stazione di Collegno e a Torino, in un area di proprietà dell’azienda che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti – le trivelle erano già al lavoro. «Una minoranza di contrari non ci può fermare – ha spiegato da Roma il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli –. Non possiamo permetterci altri ritardi, pena la perdita dei finanziamenti Ue». Si va avanti con i sondaggi geognostici, quelli che serviranno a raccogliere i dati da cui partire per la realizzazione di un progetto preliminare e di una bozza di tracciato.«Rispetto a cinque anni fa il clima è molto cambiato – osservava con soddisfazione il presidente dell’Osservatorio tecnico, Mario Virano – ed anche i numeri della protesta sono diminuiti». Resta solo uno zoccolo duro in montagna, appunto, quello che da sabato scorso non ha mollato per un solo istante la posizione all’autoporto. Giorno e notte, sotto la neve e al gelo, per difendere un’ideale – la tutela del territorio – che la mossa delle forze dell’ordine ha svuotato del suo significato più forte.Sconcertati, quasi storditi da tanto
fair play, i manifestanti hanno poi volantinato il centro di Susa, che in cinquanta persone circa – tra cui alcuni giovani dell’area antagonista torinese – ha attraversato in corteo fin sotto al municipio, dove una loro delegazione è stata ricevuta dal sindaco Gemma Amprino. Ma ormai il dado era tratto: «L’importante era far partire i lavori – ha ribadito Virano – che ora proseguiranno in base ai programmi». L’obiettivo è quello di avviare la prima quindicina di sondaggi entro il mese, per poi procedere con tutti gli altri. Sempre con la stessa strategia: quella politica, improntata al dialogo fra le parti, e quella delle forze dell’ordine, all’insegna della misura e del buon senso. Eppure l’intera valle «resta contraria all’opera», hanno ribadito i manifestanti, annunciando l’intenzione di ampliare e rendere più confortevole il presidio di Susa. «Noi non ci incaponiamo certo su un sito – è stata la risposta a distanza di Virano – se loro decidono di lasciare lì il presidio, noi continueremo nelle altre zone». Fine delle trasmissioni, almeno fino alla prossima mossa, mentre un altro piccolo presidio di no Tav si è formato anche a Collegno, dove per un imprevisto i sondaggi si sono interrotti per qualche ora. Giusto il tempo di riparare la cinghia guasta della trivella e poi ripartire, fino alle 22.30.