domenica 15 luglio 2018
I «risparmi» annunciati dal ministro dell'Interno Salvini penalizzerebbero le realtà piccole e virtuose
Tagli all'accoglienza? Un favore ai disonesti
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Tagliare i fondi per l’accoglienza dei richiedenti asilo. È uno degli obiettivi/slogan più ripetuti dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Ma tre giorni fa ha anche dato dei tempi e fatto dei conti. «Da 35 euro al giorno per immigrato, una pacchia per le cooperative, entro l’estate scenderemo almeno a 25 euro - ha sostenuto - con un risparmio di mezzo miliardo all’anno». Quindi, ha promesso, «quello che risparmieremo in falsa accoglienza lo investiremo in sicurezza ».

Ma non è proprio così. Non può essere così. Sia per i tempi che per i 'risparmi'. Gli eventuali tagli entro l’estate, potrebbero riguardare al massimo poco più del 12% dei richiedenti asilo attualmente ospitati, circa 22mila persone su 180mila. Con un 'risparmio' di poco meno di 40 milioni di euro, ma calcolato entro la fine del 2018. Per tutti gli altri bisognerebbe aspettare uno o due anni. Molto diverso, dunque, dalle promesse del ministro. Anche perché la situazione non è quella da lui narrata. Intanto va precisato che i famosi 35 euro riguardano solo i Cas (centri di accoglienza straordinaria) di competenza delle prefetture. Non gli Sprar, di competenza dei comuni, per i quali le cifre si calcolano sulla base dei progetti presentati, e possono arrivare anche a 45-50 euro, in parte coperte con fondi degli enti locali.

Cifre giustificate dalla più alta qualità dei servizi. Il sistema Sprar è a detta di tutti molto positivo e, lo ricordiamo, riguarda comunque solo 35.859 persone. Il 'piano' di Salvini potrebbe dunque riguardare i Cas. Ma il 90% dei Centri di accoglienza straordinaria sono stati già assegnati attraverso bandi di gara delle Prefetture, con convenzioni già firmate con i gestori almeno per tutto il 2018. In più della metà dei casi l’aggiudicazione è stata fatta addirittura sino al 31 dicembre 2019, in alcuni casi sino al 2020. Evidentemente non si possono modificare contratti in essere. Sono quindi soltanto 12 su 106 le Prefetture che potrebbero adottare le nuove linee guida promesse dal ministro, per un totale di appena 22.126 posti d’accoglienza da mettere a bando su in totale di 178.338. Per capirlo sarebbe stato sufficiente leggere e elaborare i dati raccolti da InMigrazione con la ricerca 'Straordinaria Accoglienza', della quale abbiamo scritto cinque giorni fa, che ha passato al setaccio tutti i bandi di gara che le Prefetture hanno indetto per l’apertura e la gestione dei Cas. Insomma entro l’estate, anzi entro l’anno, i risultati sarebbero molto magri. Fin qui i numeri. «Non si tratta solo di una promessa ad effetto poco realizzabile e di scarsa efficacia per i conti pubblici - ci spiega Simone Andreotti, presidente di In-Migrazione - ma di un approccio che porta a numerose conseguenze negative e preoccupanti per il Paese». In primo luogo sulla qualità dei servizi.

L’abbassamento del finanziamento a 25 euro porta ad un sistema di accoglienza sempre più assistenzialista e caratterizzato da un forte impatto con il territorio. Dove si taglierebbe? Dieci euro in meno potrebbero colpire il personale qualificato e, quindi, l’erogazione dei servizi per l’integrazione (insegnamento dell’italiano, formazione professionale, partecipazione al volontariato, assistenza sociale e psicologica). Una scelta che aggraverebbe la già precaria condizione della prima accoglienza in Italia, come emerso proprio dalla ricerca, e porterebbe alla perdita di 24mila posti di lavoro qualificati. Per questi servizi non è possibile barare. Tutte le Prefetture chiedono nei bandi controlli dei contratti di lavoro e delle buste paga del personale, che devono essere in linea con quanto dichiarato al momento della partecipazione alla gara.

Altra cosa sono i servizi di base: affitto delle strutture, vitto, fornitura dei beni. Proprio qui si nascondono le truffe e gli affari illegali, come, ad esempio, ha scoperto l’inchiesta della Squadra mobile di Latina su alcuni Cas di Fondi, contestando reati connessi alla fornitura dei pasti, alle pulizia dei locali e alla locazione delle strutture. «Con questo approccio - prosegue Andreotti - si rischia di fare un grosso favore proprio a coloro che sull’accoglienza fanno business e speculazioni, mettendo in crisi chi lavora correttamente». Il taglio di 10 euro peggiorerebbe ancor di più la situazione e favorirebbe solo le grandi imprese. La sostenibilità economica per gestire un Cas con 25 euro a persona sarebbe infatti possibile soltanto ospitando in una struttura un alto numero di richiedenti asilo, beneficiando così delle economie di scala sui costi di gestione.

Penalizzando invece le piccole e virtuose realtà, quelle dell’accoglienza diffusa attenta ai servizi, e che provocano meno problemi di rapporti col territorio rispetto a centri con 300 e più ospiti. Si dirà che all’estero i costi sono più bassi: la Germania spende 26 euro, l’Austria 23, la Polonia 20, la Francia 25. In realtà la situazioni non sono paragonabili. In Francia e in altri Paesi i servizi destinati ai cittadini inseriti nel circuito dell’accoglienza pesano infatti sulle strutture già esistenti del sistema di welfare, mentre qui da noi sono appaltati agli enti gestori. Tagliare 10 euro sarebbe davvero un danno per tutti. E per ora irrealizzabile.

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