Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in conferenza stampa dopo il Cdm - Ansa
La lista dei Paesi sicuri «diventa norma primaria e consente ai giudici di avere un parametro rispetto ad una ondivaga interpretazione». Alle otto di sera, nella sala stampa di Palazzo Chigi, è il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a esplicitare la ratio alla base del decreto legge appena varato dal Consiglio dei ministri. Un provvedimento-lampo che dovrebbe servire, nelle intenzioni del governo, a tappare la falla aperta nell’applicazione del Protocollo fra Italia e Albania dal pronunciamento del tribunale di Roma, che nei giorni scorsi non ha convalidato il trattenimento nei centri schipetari di un gruppetto di migranti egiziani e bengalesi, basandosi su una sentenza della Corte di Giustizia europea e facendoli rientrare in Italia. Un pronunciamento che ha innescato l’ennesima fase di fibrillazione fra esecutivo e magistratura, con Palazzo Chigi che ha pensato di correre ai ripari inserendo in un decreto legge (norma primaria nella scala delle fonti del diritto e non più secondaria, come i precedenti decreti annuali del ministro degli Esteri) la lista dei Paesi cosiddetti sicuri. Un dito per tappare la falla nella diga, come in quella leggenda del bambino olandese, o una mossa di lungo respiro? Saranno i prossimi mesi a dirlo.
Sbollita l’ira dovuta alle pronunce del tribunale di Roma, nel fine settimana l’esecutivo ha ragionato su come superare lo stallo per circoscrivere l’alveo delle decisioni della magistratura in merito ai trattenimenti di potenziali richiedenti asilo e poter riprendere con i trasferimenti verso l’Albania. «Difenderemo i nostri confini, in Italia si entra solo legalmente, seguendo le norme e le procedure previste”.», ha assicurato la premier Giorgia Meloni. Dalle considerazioni espresse al termine del Cdm dai ministri di Interno e Giustizia e dal sottosegretario Alfredo Mantovano, emerge l’intenzione di creare una gabbia normativa più rigida e cogente. Per citare il Guardasigilli Carlo Nordio, «nel momento in cui l'elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla. Tenderei ad escludere che possa disapplicarla».
Dopo la recente frecciata sul pronunciamento «abnorme», il ministro riserva altre critiche ai magistrati capitolini: «Leggete i dieci decreti del tribunale di Roma e vedrete se, tolte le prime 4 pagine che hanno solo premesse tecnico giuridiche, le 5 righe dedicate a questa motivazione siano in linea coi 5 lunghi paragrafi della sentenza europea». A suo modo di vedere, quella sentenza (che trattava un caso della Repubblica Ceca) molto «articolata e scritta in francese, probabilmente non è stata ben compresa o ben letta», dato che afferma «che il giudice deve dire in maniera esaustiva e completa, nel caso di specie, quali siano le ragioni per cui per quell'individuo quel determinato Paese non è ritenuto sicuro» e nelle ordinanze dei giorni scorsi «questo non c’è». Col nuovo decreto, come detto, diviene «fonte primaria l’indicazione dell’elenco di 19 Paesi sicuri, sugli originali 22 inclusi nella lista precedente, perché nel rispetto delle indicazioni della sentenza europea abbiamo tenuto conto dell’integrità territoriale ed escluso Camerun, Colombia e Nigeria». Nei 19 rimasti, sono inclusi Egitto e Bangladesh, insieme a Tunisia, Algeria, Marocco, Sri Lanka e altri da cui proviene la gran parte dei migranti. Col dl «abbiamo solo anticipato l’entrata in vigore di un regolamento europeo che entrerà in vigore nel giugno 2026 e che riteniamo essere ancora più stringente», osserva Piantedosi, perché per la definizione di Paese sicuro «conterrà la percentuale di approvazione delle richieste d’asilo accettate: basterà il 20%. I Paesi compresi nel decreto già rispettano quella soglia». E il sottosegretario Alfredo Mantovano precisa: «La delibazione in ordine alla sicurezza di un Paese compete in prima battuta al governo, nel confronto col Parlamento. Il decreto legge avrà un aggiornamento periodico annuale, col vaglio delle commissioni parlamentari».
Le opposizioni si dicono scettiche sul nuovo decreto. Per Angelo Bonelli, di Avs, «è inutile e serve a nascondere il fallimento del governo». Da Bruxelles, in mattinata, è giunto un avvertimento velato: «Le misure italiane siano conformi al diritto europeo. Siamo a conoscenza della sentenza in Italia e siamo in contatto con le autorità italiane - ha detto una portavoce della Commissione -. Al momento non c’è una lista europea sui Paesi terzi sicuri, gli Stati membri hanno liste nazionali, ma è previsto che ci lavoreremo».