Pronte le reazioni della società civile alla sentenza che riconosce al partner omosessuale il diritto di adottare il figlio del compagno o della compagna. «Ancora una volta le sentenze della Corte di Strasburgo vanno a decostruire modelli antropologici fondamentali per la società e che sono radicati nella memoria e nel presente»: lo dice
Paola Ricci Sindoni, vicepresidente Vicario dell'Associazione
Scienza & Vita. «In questo momento particolare - aggiunge - in Italia si confondono le richieste degli adulti con i diritti dei bambini, buttando in pasto alla campagna elettorale argomenti complessi senza che vi sia un adeguato dibattito all'interno del Paese. Ristabiliamo un confronto sereno e privo di ideologie, restituendo alla società civile ciò che è della società civile e che viene prima delle sentenze dei tribunali e delle diatribe parlamentari: un bambino ha bisogno di un padre e di una madre, senza interpolazioni surrettizie».
Alberto Gambino, ordinario di diritto civile e direttore del Dipartimento di Scienze umane dell'Università Europea di Roma, sulla sentenza sottolinea che non c'è alcun «riflesso sull'ordinamento italiano». «La possibilità di adozione alle coppie omosessuali, riconosciuta dai giudici di Strasburgo - è il ragionamento del giurista - opera soltanto per quegli ordinamenti che consentono l’adozione anche alle coppie non sposate, mentre in Italia ciò non è possibile, in quanto Codice civile e Costituzione italiana indicano con chiarezza che la diversità di sesso dei coniugi costituisce presupposto indispensabile del matrimonio e che solo a tale forma di unione il legislatore riconosce la possibilità di accedere all’adozione di bambini».La Corte Europea dei Diritti Umani si è pronunciata favorevole all'adozione del secondo genitore omosessuale in seguito ad un singolo caso, quindi, non entriamo nel merito della questione, che spetta alla sovranità dei parlamenti dei singoli stati». È quanto afferma
Maria Rita Munizzi, presidente nazionale del
Moige, Movimento italiano genitori. «Non cadiamo in derive ideologiche - continua - che ledono i diritti naturali del bambino, per i quali è fondamentale crescere all'interno di una famiglia naturale, con una mamma di sesso femminile e un papà di sesso maschile. Si tratta di un diritto naturale del minore, che non deve essere strumentalizzato, divenendo vittima di presunti ”diritti“, che oltraggiano la natura stessa del bambino».