Una «disciplina culturale» all’interno del percorso scolastico. Una materia «capace di suscitare nei ragazzi le domande fondamentali della vita, cercando di offrire loro risposte concrete ». Per don Michele Di Tolve, responsabile dell’ufficio scuola e Irc della Diocesi di Milano, è questa l’essenza dell’Insegnamento della religione cattolica presente nella scuola italiana. Una materia opzionale, cioè che deve essere espressamente richiesta dalla famiglia o dallo studente, ma «pienamente inserita nel percorso formativo dagli studenti del nostro Paese». Una scelta fatta dal 91,1% della popolazione studentesca e che in queste settimane sono stati invitati a compiere i genitori all’atto dell’iscrizione dei propri figli al primo anno della scuola dell’infanzia, delle elementari, delle medie e delle superiori. Un’operazione ancora in corso e che si concluderà il 28 febbraio. Del resto, come ha sottolineato, lo scorso novembre, nel suo messaggio la Presidenza della Conferenza episcopale italiana, questo insegnamento «si inserisce a pieno titolo nell’educazione delle giovani generazioni», perché «favorisce la riflessione sul senso profondo dell’esistenza, aiutando a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un’intuizione globale». Proprio per questo, aggiunge don Di Tolve, «diventa importante offrire ai ragazzi di frequentare questo insegnamento. Lo è perché permette ai giovani di rispondere ai due quesiti fondamentali per la conoscenza dell’uomo: 'perché' e 'per chi'. A questo punto diventa chiaro come questo insegnamento sia fondamentale nella crescita di un ragazzo, per permettergli di ricercare il senso della sua esistenza, del suo fare, del suo formarsi». Già perché non è sufficiente il sapere e il saper fare, ma «è il saper essere nella società e nel mondo» il punto qualificante di un percorso formativo. Ragazzi con una bussola per la loro vita, «in grado di orientarsi in essa e di progettare per il futuro». Una opportunità offerta non soltanto agli studenti cattolici, ma «a tutti, compresi i ragazzi che sono di altre fedi religiose. L’Irc non è catechismo o tentativo di conversione – sottolinea con forza don Di Tolve –, ma una disciplina culturale, che permette un approccio interreligioso e multiculturale». Non solo, l’Irc «e la conoscenza della religione cristiana permette, a chi appartiene a un altro credo religioso, di comprendere meglio la cultura, l’arte, la letteratura, l’architettura, la storia del nostro Paese». E così accade che a iscriversi all’Irc siano anche studenti musulmani. «A Sesto San Giovanni – racconta il responsabile scuola della diocesi ambrosiana – il 97% degli studenti musulmani presenti dalla materna alle medie si avvale dell’Irc, perché le loro famiglie hanno compreso il valore culturale di questo insegnamento », a differenza di diversi italiani che si lasciano tentare, soprattutto alle superiori, «dall’inesistente ora alternativa, che gli istituti non organizzano ». Infatti, dati alla mano, il 48,1% di chi non si avvale dell’Irc sceglie l’uscita da scuola durante quell’ora di lezione. Un fenomeno che «nelle grandi metropoli, come a Milano, raggiunge livelli d’attenzione – spiega don Di Tolve –, ma che nei centri della provincia appare più contenuta». Nonostante difficoltà e, a volte, aperta ostilità, l’Irc negli ultimi 25 anni ha fatto un grande sforzo di rinnovamento e di adeguamento ai cambiamenti della stessa scuola. «I docenti di questa materia si aggiornano con costanza – rivendica don Di Tolve – e lo stesso insegnamento ha rinnovato gli obiettivi specifici di apprendimento. Sono docenti come i colleghi delle altre discipline e con loro concorrono alla formazione integrale dello studente come persona».