È possibile che ci siano state interferenze del Cremlino nel processo elettorale Usa? Il New York Times ha portato un'altra prova sul tavolo del Russiagate. La notizia delle ultime ore riguarda Twitter, che a differenza di Facebook - beccata dai media Usa, ad aver accettato fondi da società russe legate al Cremlino per campagne pubblicitarie pro Trump durante le presidenziali americane - si è fatta avanti e ha svelato che Russia Today, il canale tv e web multilingue legato al Cremlino, ha speso 274mila dollari nel 2016 in pubblicità per 1.823 tweet sulla sua sua piattaforma di micro-blogging.
Pubblicità che sarebbe stata usata per influenzare le elezioni Usa, vinte da Donald Trump l'8 novembre scorso. Questo, rivela la società di Jack Dorsey, l'ultimo sviluppo in ordine di tempo del Russiagate. Twitter ha spiegato di aver fornito alle commissioni del Congresso sul Russiagate tutte le informazioni in suo possesso.
Russiagate, Twitter sospende 200 account collegati a Mosca
Il vicepresidente di Twitter per le relazioni istituzionali, Colin Crowell, ha raccontato di essersi incontrato con lo staff delle due commissioni, di Senato e Camera. Durante l'audizione in Congresso, i rappresentanti di Twitter hanno spiegato di aver sospeso 200 account collegati alla Russia, dopo averne associati almeno 22 a quelli sospesi da Facebook per la stessa ragione, compresi quelli del canale della tv Russia Today, collegata al governo di Mosca.
Il Senato e la Camera dei rappresentanti Usa hanno chiesto ufficialmente a Facebook, Twitter e Alfhabet (Google) di testimoniare nell'ambito dell'inchiesta su una possibile influenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016.
Rappresentanti dei tre gruppi sono attesi dalla Commissione Intelligence del Senato il prossimo primo novembre per un'audizione pubblica: l'obiettivo è far luce sulla possibilità che i social network possano essere stati usati dalla Russia per manipolare l'opinione degli elettori americani in vista del voto che ha portato alla Casa Bianca Donald Trump.
Anche la Commissione intelligence della Camera ha indicato di avere chiesto a questi gruppi di testimoniare.
Twitter non ha precisato quanti siano stati i tweet volti ad influenzare direttamente le elezioni americane.
Mark Warner, senatore democratico della commissione Intelligence, ha definito "profondamente deludente" l'audizione di Twitter. "Le loro risposte sono stata inadeguate a tutti i livelli", ha dichiarato dopo l'incontro in Congresso che si è svolto ieri a porte chiuse. I parlamentari inquirenti sospettano che i social media possano aver giocato un ruolo chiave nella diffusione di propaganda volta a promuovere l'elezione di Trump. Il miliardario ha sempre smentito collusioni così come il Cremlino.
La Casa Bianca avvia indagine interna su email private
Riaffiorano i fantasmi della campagna elettorale americana e dei veleni che l’hanno segnata. La Casa Bianca ha lanciato un'indagine interna sull'utilizzo della posta elettronica privata da parte di alti funzionari. Lo rivela Politico, che aveva segnalato l'uso degli account privati per attività di governo del genero e consigliere di Trump, Jared Kushner, e di altri alti funzionari, dopo la campagna condotta dal tycoon contro Hillary Clinton per un comportamento analogo quando era segretaria di Stato.
L'effetto nostalgia nei confronti di Obama
Inoltre, l'effetto nostalgia nei confronti dell'ex presidente Barack Obama diventa sempre più tangibile negli Stati Uniti. La sensazione che un numero crescente di americani rimpianga gli anni di Obama è oggi un dato di fatto, confermato da un recente sondaggio di Public Policy Pol condotto su un campione di 900 elettori con un margine d'errore del 3%. I numeri sono interessanti: il 52% degli statunitensi vorrebbe che Obama fosse ancora presidente. Di contro, solo il 41% è felice che l'attuale "commander in chief" sia Donald Trump. Lo riporta Newsweek che però aggiunge anche un dato significativo: i nostalgici non sono solo democratici, ma anche repubblicani. Addirittura il 7% di coloro che rimpiangono Obama ha votato per Trump alle scorse elezioni.
Ovviamente, questa tendenza fa il paio con l'indice di gradimento in caduta libera dell'attuale inquilino della Casa Bianca: secondo il sito statistico FiveThirtyEight, è ora precipitato al 39%. Che vi sia un effetto simpatia postumo è un trend comune per gli ex presidenti. Il giornale fa notare come il fenomeno si sia verificato anche per George W. Bush: gradito soltanto dal 35% degli americani alla fine del suo mandato, una volta tornato alla vita civile ha assistito ad una progressiva rivalutazione della sua figura, raggiungendo il 59%.