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Ursula Von der Leyen ha spiegato nei dettagli il suo Progetto a Giorgia Meloni. Le ha ripetuto (ben prima di ufficializzare la sua candidatura per un secondo mandato alla guida della Commissione europea) le parole d'ordine con cui vuole costruire la piattaforma per la nuova corsa: «Io lavoro con i partiti pro-Ue, pro-Nato, pro-Ucraina, con coloro che chiaramente supportano i valori dell'Unione, con chi difende la democrazia, con chi difende i nostri valori nei confronti degli amici di Putin». Dietro quelle parole c'è un netto altolà ai sovranisti. Ma c'è anche un segnale importante alla premier italiana. I destini di due donne si incrociano. Ursula ha bisogno di Giorgia. Di Fratelli d'Italia. Del governo italiano. Giorgia ha bisogno di Ursula. Perchè «l'Italia deve stare nell'Europa che decide». E perchè un patto di ferro con chi guida e forse guiderà l'Unione europea vuole dire attenzione sui migranti. E attenzione sulle risorse. A cominciare dalla partita Pnrr. Sono ore di scelte e di fatti. Ore dove Meloni e Von der Leyen dovrebbero tornare a vedersi. Insieme a Kiev. Insieme per sostenere l'Ucraina. Insieme nella prima riunione del G7 a presidenza italiana. Insieme per parlare dell'Europa che sarà. Una cortina di riservatezza copre i dettagli della missione in terra ucraina. «Ho convocato la riunione dei leader del G7 in videoconferenza sul tema dell'Ucraina, perché penso che l'Occidente non debba dare da questo punto di vista segnali di stanchezza», ha ripetuto Giorgia Meloni. Poi, alla domanda se la video-call di domani, sarà presieduta da lei a Kiev, la premier se l'è cavata con un «si vedrà...». Ragioni di sicurezza impongono la riservatezza. Ma oggi c'è una direzione di marcia. Un interlocutore privilegiato. E poi - ragionano ai piani alti di Palazzo Chigi - nel programma di Von der Leyen c'è una crescente attenzione ai punti fermi della destra che piace a Meloni: su tutti competitività industriale e alla difesa. Parole? No impegni. Se verrà riconfermata Ursula von der Leyen creerà un commissario alla Difesa e Sicurezza.
Ora a cento giorni dal voto è il momento di decidere. Decidere se correre in prima persona. Decidere se aprire un confronto vero con Von der Leyen e con il Ppe magari mettendo a rischio il rapporto con i polacchi del PiS, oggi azionisti di maggioranza dell'Ecr, il partito dei conservatori europei di cui Meloni è presidente. Decidere se sferrare l'attacco finale a Matteo Salvini. Qualcosa si capisce. Il no netto della premier alla Lega che chiedeva un terzo mandato per i governatori è una dichiarazione di guerra. È il preludio alla sfida finale. E il teatro dove andrà in scena sarà tra Strasburgo e Bruxelles. Meloni minimizza: il governo non rischia. Salvini non molla la presa: la partita sul terzo mandato si sposta in Aula. Ma lo scenario che conta è quella Roma-Bruxelles. Von der Leyen continua a mandare segnali. «Non so come sarà formato Ecr dopo le elezioni ed è possibile che alcuni partiti escano da Ecr per unirsi al Ppe». Meloni riflette. Valuta gli scenari. Pesa i pro e i contro. Ma - ragiona Giovanni Orsina, storico e politologo della Luiss Guido Carli -,«dopo le Europee si tirerà una riga. E potrebbe iniziare la fase 2 del governo». E spiega ancora: «La Lega è in crisi di identità, la sua area elettorale è stata coperta da Giorgia Meloni e lo spostamento a destra di Matteo Salvini finora non ha portato voti».
Saranno 100 giorni decisivi. Per l'Europa e per l'Italia. Per von der Leyen e per Meloni. E intanto oggi si apre anche il congresso di Forza Italia. Anche Tajani lancia la sfida alla Lega con l'occhio all'Europa: puntiamo a superare il 10 per cento. Meloni osserva il lavorio del vicepremier di Fi. Al congresso azzurro ci sarà il numero uno del Ppe Manfred Weber. Uno che lavora per Von der Leyen. Uno che vuole Giorgia Meloni sempre più vicina al Ppe. Tajani intanto "regala" nuovi dettagli alla missione pro Kiev: l'Italia vuole dare una «veste più strutturata al proprio impegno a favore di Kiev» e per questo si appresta a siglare con le autorità ucraine «un accordo bilaterale di sicurezza», che sarà firmato a breve dalla premier Giorgia Meloni con Volodymyr Zelensky. Due i pilastri dell'accordo Roma-Kiev. Uno sarà la «consultazione e la collaborazione con l'Ucraina per aiutarla a costituire una sua capacità nazionale nel settore della difesa». Un altro sarà «l'assistenza in campo economico e per la ricostruzione», con l'Italia già al lavoro sulla cattedrale di Odessa danneggiata dai bombardamenti russi.