venerdì 28 giugno 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Non è vero che il gioco legale tenga lontane le mafie. Anzi, paradossalmente rischia di agevolarle. Così quello del gioco, tolta la droga, è diventato il più grosso affare dei clan». È netta la denuncia di Antonello Ardituro, sostituto procuratore della Dda di Napoli, titolare dell’inchiesta "Rischiatutto" e di altre importanti indagini sugli interessi dei Casalesi nelle sale gioco. «Lo Stato dovrebbe fare di più nei controlli sulle concessioni. Invece ha troppo interesse a incassare le tasse e così incentiva il gioco. La grande diffusione delle sale e delle slot machine rende tutto più difficile. Pochi controlli, non ci si accorge o si fa finta che tutto sia a posto». Dottor Ardituro, perché questo grande interesse delle mafie nel gioco legale? Sono interessate in particolare al riciclaggio del denaro. Soprattutto con le slot machine c’è un giro enorme di contanti. Nessun altro affare al mondo muove così tanti soldi in contanti. E anche i gioco online, con le carte di credito, facilitano il riciclaggio. Ma i clan cosa ci guadagnano? Chi ricicla lo può fare anche a perdere, almeno apparentemente. Alcune società del gioco sono ai limiti del collasso finanziario, ma quello che conta è ripulire i soldi. Così se investono, ad esempio, 100mila euro sporchi e alla fine ne ricavano 50mila non è una perdita. Questi sono tutti soldi guadagnati, puliti, pronti ad essere investiti in altre attività senza più problemi. C’è anche un guadagno dall’attività delle sale gioco? Certo. Non è solo un’operazione di riciclaggio, pur se questa è la motivazione principale. I guadagni sono certamente notevoli, grazie all’enorme platea dei giocatori accaniti e alle incentivazioni statali. Più si gioca e più incassano. E lo vediamo tutti che le cifre del mercato del gioco sono enormi. Da tutto questo le mafie hanno solo da guadagnarci. Ovviamente poi c’è la parte del gioco illegale, con le macchinette truccate. Ma, lo ripeto, il guadagno maggiore è proprio nel gioco legale. Come entrano nel gioco legale? Il sistema è ormai ampiamente collaudato. La camorra ha i suoi imprenditori di riferimento, veri e proprio broker del gioco, incensurati, che acquisiscono le concessioni e che poi entrano in società o collaborano con altri imprenditori legati alle altre mafie. Proprio questa inchiesta ha scoperto che i fratelli Tancredi, arrestati ieri, che operavano in Emilia ed erano di fatto proprietari di cinque siti di gioco online rumeni, erano in contatto con la ’ndrangheta. Mentre sempre in Emilia, un altro degli arrestati, Antonio Padovani, amministratore unico della Gari, è risultato contiguo alla famiglia mafiosa dei Santapaola. Mafia di serie A… Mafia imprenditrice. Dove ci sono soldi, e nel gioco ce ne sono tanti, loro arrivano.​​​​
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: