Grillo richiude la porta. E dice no a qualsiasi ipotesi di fiducia a qualsiasi governo. A un governo politico. E anche a un governo tecnico. La strategia di Grillo è sempre più chiara pur nella sua apparente irrazionalità. Perché chiara è l’intenzione dell’ex comico di marcare in maniera netta le distanze dai partiti e dal governo Monti. E allora quasi certamente il capo di M5S dirà un altro no. Quello al Professore che proprio ieri aveva invitato i leader delle principali forze a trovare (in colloqui separati a Palazzo Chigi) una piattaforma comune in vista del Consiglio europeo della prossima settimana. Grillo – come era prevedibile – continua a smarcarsi dalle responsabilità. E così anche Sergio Marchionne reclama stabilità e lo “bacchetta”. «È importante che l’Italia si ricostruisca. Ma è molto più difficile ricostruire dopo avere sfasciato», dice l’amministratore delegato Fiat che, poi, batte il colpo che fa titolo: «Se l’Italia lascia l’euro, blocchiamo gli investimenti».
Oggi non è comunque questo il tema all’ordine del giorno. Oggi si discute del nuovo governo. Giorgio Napolitano conferma che il nuovo Parlamento si riunirà per la prima volta venerdì 15 marzo. E il nuovo presidente del Senato dovrebbe essere eletto nelle ore immediatamente successive: il regolamento di Palazzo Madama prevede infatti al quarto scrutinio il ballottaggio tra i primi due del terzo scrutinio. E intanto, la scelta aventiniana di Grillo restituisce centralità a Monti e alla sua lista civica: per eleggere il nuovo inquilino di palazzo Madama Pd e (o) Pdl dovranno probabilmente accordarsi con lui. Il quadro è assolutamente vago. E solo una cosa è certa: non si allenta la tensione tra il Quirinale e il vertice del Pd. Napolitano spinge per dare all’Italia un governo in tempi rapidi e per frenare il rischio di una tempesta sui mercati. Ma Bersani sembra deciso ad andare dritto e oggi sfiderà la direzione del partito, alla quale parteciperà anche Renzi chiedendo un via libera (che gli verrà concesso) per tentare un accordo in extremis con Grillo. È un no al piano Napolitano Ma anche un no a Berlusconi che, subito, lo avverte: attento, così vai a sbattere.
Parole a parte non c’è nessuna possibilità che nasca un governo di minoranza guidato da Bersani. Il sindaco di Firenze intanto scalda i motori. Continuerà a mostrare un volto pacato e responsabile, ma lui non può e non vuole spendersi per un governo tecnico che potrebbe durare pochi mesi e cambiare solo la legge elettorale (o poco più), ma che potrebbe anche resistere più a lungo. La scommessa del “rottamatore” è, infatti, un voto immediato. E lui è pronto per sfidare Grillo spiegando agli italiani che per cambiare davvero ci vogliono proposte serie e governabilità.