Ansa
Se tra gli obiettivi della manovra c’è anche il sostegno alla fragilità economica (come peraltro sostenuto dal governo), il traguardo, a meno di profonde modifiche in Parlamento, è ancora fuori portata. Questo, perlomeno, è il giudizio dell’Alleanza contro la povertà, dopo l’audizione di lunedì davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Per la rete di associazioni il punto critico è l’assenza di «risorse all’altezza della sfida», specie in un Paese in cui «la povertà assoluta è ormai un dato strutturale», che coinvolge «una percentuale di persone e famiglie mai così alta». Sono i numeri a palesare le carenze del disegno di legge varato da Palazzo Chigi, certificati dall’Istat solo poche settimane fa: l'8,4% delle famiglie italiane è in povertà assoluta (2,2 milioni), così come il 9,7% delle persone (5,7 milioni). E le cose non vanno meglio per la povertà relativa, che riguarda oltre una famiglia su dieci, pari a 8,5 milioni di individui. «In questo contesto siamo allarmati dalla scelta del governo già compiuta di ridurre le risorse destinate al contrasto alla povertà – ha dichiarato il portavoce nazionale dell’Alleanza, Antonio Russo –. L’assegno d’inclusione (Adi) introdotto quest’anno non risponde più al fondamentale principio dell’universalismo selettivo, che caratterizza una misura di reddito minimo. Si tratta invece di una misura categoriale, poiché riservata alle sole famiglie che includano minori, disabili, anziani».
L’alleanza osserva inoltre che nel 2024 il finanziamento per lo stesso Adi, è stato anche ridotto, prima di 200 milioni, poi di ulteriori 100 milioni. «Questo sembra mostrare da un lato che le risorse stanziate non verranno utilizzate appieno perché il “tiraggio” della nuova misura è al di sotto di quanto previsto – ha proseguito Russo – dall’altro che le risorse risparmiate non verranno usate a rafforzamento della misura stessa, ovvero avranno un impiego diverso da quello di contrasto diretto della povertà». Il dato assume una dimensione ancor più preoccupante nel confronto tra l’impatto dell’Adi e quello della misura precedente, il Reddito di cittadinanza: «Se prendiamo coloro che hanno ricevuto almeno una mensilità del beneficio, 695.127 nuclei – ha puntualizzato ancora il portavoce dell’Alleanza – e li paragoniamo con coloro che avevano ricevuto almeno una mensilità del Reddito di cittadinanza nel medesimo periodo del 2023 (1.324.104 nuclei), vediamo che sono poco più della metà (52,5%)».
Ciò posto, esiste ancora la possibilità di invertire la direzione, a patto di intervenire sul testo della legge di bilancio in modo da incidere concretamente nel contrasto alla marginalità. Le proposte dell’Alleanza sono sul tavolo e comporterebbero una spesa di circa un miliardo. Cifra certamente importante, ma per Russo «è un investimento che bisogna avere il coraggio e la determinazione di fare per il bene del Paese». L’intervento coprirebbe tutte e cinque le modifiche richieste dalla rete: l’Indicizzazione piena dell’Adi, la modifica della scala di equivalenza, che valorizzi tutti i maggiorenni, così da agevolare il sostegno in particolare alle famiglie con figli, l’innalzamento della soglia di accesso alla prestazione per le famiglie in affitto, l’ulteriore riduzione dei limiti di residenza in favore delle famiglie straniere, la possibilità di cumulare almeno parzialmente il beneficio con il reddito da lavoro (o l’estensione della franchigia di 3mila euro oggi prevista per i nuovi lavori anche ai lavori in essere) e infine la possibilità di dotare i servizi sociali dei comuni delle giuste risorse per sostenere i percorsi d’inclusione dei beneficiari, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni.