Un frame di Porta a Porta di giovedì sera - Sreenshot da RaiPlay
A guardare “Porta a Porta” giovedì notte c’era da rimanere basiti. Sette uomini, alcuni dei quali attempati, che intorno a un tavolo parlano di aborto, notoriamente un tema prettamente maschile, tutti impegnati a disquisire su diritti, libertà, autodeterminazione femminile, consultori, volontari... E le dirette interessate? Sì, ce n’erano tra il pubblico in studio. E poi una dottoressa e una donna incinta che si sottoponeva a un'ecografia, ritratte in una gigantografia sullo sfondo ad illustrare il dibattito al maschile. Ecco quello che è andato in scena (o-scena): uomini a parlare di un argomento che riguarda in primis le donne e loro, le protagoniste, sullo sfondo oppure figurine che applaudono a comando. Mentre il deputato Alessandro Zan, responsabili Diritti nella segreteria del Pd, descriveva le associazioni pro-life e i loro volontari come gente che “molesta psicologicamente” le donne, che fa “terrorismo psicologico”, che “diffonde tesi antiscientifiche”, sarebbe stato interessante che nel programma di Bruno Vespa (che, a onor del vero, ha ribattuto con forza a queste affermazioni) si potesse ascoltare la voce di una delle migliaia di volontarie (quasi tutte donne) che ogni giorno prestano la loro opera nei Centri di aiuto alla vita (Cav).
Oppure, perché no, magari anche la testimonianza diretta di una donna che ha avuto a che fare con l’aborto, che vi si sia sottoposta o che alla fine abbia scelto, al contrario, di diventare madre. È domandare troppo? In realtà non siamo noi a chiederlo. Il vero cortocircuito è che sarebbe la Rai stessa ad esigerlo, visto che da qualche anno si è fatta portabandiera italiana della campagna europea “No Women No Panel”, per garantire una presenza paritaria nei talk e nei dibattiti pubblici. L’impegno sottoscritto un anno fa dalla presidente Marinella Soldi evidentemente vale meno per Bruno Vespa e per “Porta a Porta”, la cui redazione ha comunque tentato di spiegare lo scivolone con il fatto che tutte le donne invitate - tre parlamentari del Pd, una direttrice di giornale - erano indisponibili. La stessa Soldi ha scritto a Bruno Vespa, richiamando al ruolo fondamentale del servizio pubblico. Ecco la sua risposta: «Al di là della circostanza specifica che credo di aver ampiamente chiarito, ho ricordato che la reputazione di Porta a Porta nasce dall'ospitare politici molto rappresentativi. Ebbene ci sono soltanto 5 donne (Pd e M5S) su 18 presidenti, vicepresidenti e presidenti dei gruppi parlamentari dei primi 5 partiti. In ogni caso faremo il possibile per garantire alle donne il ruolo che meritano».
Peccato, un’altra occasione persa. E non solo per discutere di aborto: il parterre al maschile – oltre a Vespa e Zan, anche Mario Sechi, Antonio Noto, Giovanni Donzelli, Federico Rampini e Tommaso Labate - è stato chiamato a dibattere di Consiglio Europeo, di guerra, dei giudizi a scuola… Non c’era proprio nessuna esperta di politica, di educazione o di economia da chiamare in studio, anche all’ultimo minuto in caso di defezione, come spiegato dalla redazione del programma, per garantire se non proprio una “presenza paritaria” almeno un certo equilibrio? La risposta è no, ovviamente: la società italiana pullula di scienziate, ricercatrici, economiste. Alcune di loro, come la neorettrice dell’Università Statale di Milano Marina Marzia Brambilla, sono ai vertici. Disattenzione e superficialità di chi organizza i palinsesti dei talk show e di chi li firma non sono più una buona scusa, così come non ci sono scuse per ciò che è accaduto nei giorni scorsi al CdA dell’Agenzia italiana del farmaco, con il rinnovo di 10 consiglieri maschi su 10. Davvero imperdonabile.