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Prima le minacce urbi et orbi, poi le foto con i leader italiani: anche nell’ultima volata della campagna elettorale, Vladimir Putin domina la scena. La posizione dei leader sull’invasione dell’Ucraina delinea i profili dei partiti per la politica estera, ma anche per quella interna. E le amicizie vecchie e nuove tornano a galla.
«Non è il momento di dividersi, quello che Putin vuole è un’Italia e una Europa divise», l’appello del segretario del Pd Enrico Letta. «Privare oggi l’Italia e l’Europa di Mario Draghi è stata una scelta gravissima che le mette in difficoltà. Alla quale credo che Putin abbia brindato quando è stata fatta», e, incalza il leader dem, per cui tornerebbe a brindare «se vincessero le destre».
Letta non si fida di Giorgia Meloni, che «ha tenuto una posizione di sostegno a Draghi sull’Ucraina, ma dal momento in cui la destra italiana vuole disfare l’Europa, vuole togliere i voti a maggioranza e far sì che l’Ue decida all’unanimità, vuole aiutare l’Ungheria di Orbán, non vuole fare passi avanti sull’Ue della salute e sociale, sull’unità in politica estera», in questo modo finirà per indebolire l’Unione e di conseguenza aiutare Putin.
Se per Letta la linea sulla guerra dunque non va cambiata dopo il 25 settembre, il presidente del M5s ci spera. L’Italia, ragiona Giuseppe Conte, deve farsi «capofila di uno sforzo a livello comunitario per costruire un vero percorso di pace». Insomma, insiste, «non si può continuare ad alimentare un’escalation militare, per chissà quanto tempo ancora».
Piuttosto il leader grillino non perde l’occasione per dare qualche stoccata finale a Draghi, accusato di essere «premuroso con Washington nell’accodarsi» alla sua strategia di assecondare Kiev. «Una inerzia a tutti i livelli, interno e internazionale – sentenzia – . Cosa sta facendo Draghi? È stato premiato come statista dell’anno? Sì, da una fondazione, ma cosa ha fatto questo governo dei migliori? È un supertecnico curriculato, ma cosa ha fatto?», dice velenoso.
E ancora: «Lasciamo stare il curriculum di Draghi, nessuno ne mette in discussione il prestigio, ma con il prestigio non si governa, non si va da nessuna parte. Ma ci siamo accorti o no che in queste ore tutti i leader occidentali hanno preso una posizione su Putin e l’unico che non ha parlato è Draghi? Draghi è desaparecido», sostiene. Da parte sua, Conte nega suoi contatti con Mosca. «Sono stato da Putin in visita di Stato. L’ho incontrato sempre come rappresentante del popolo italiano», ma poi nulla più, assicura.
Per la pace subito, in sintonia con Conte, è Nicola Fratoianni, leader di Si, che pure si candida nella coalizione con il Pd. Con la sciarpa pacifista, al suo comizio chiede che «si riparta dagli accordi di Minsk, si fermi subito l’escalation. Se un leader è disperato e ha in mano l’arma atomica è ancora più pericoloso», dice.
Non sono meno forti le divisioni nel centrodestra, dove per il «tavolo di pace» si batte da sempre Matteo Salvini, ma Silvio Berlusconi affronta con disinvoltura il tema Putin che, dice il Cavaliere, «è caduto in una situazione difficile e drammatica», perché «c’è stata una missione delle repubbliche filorusse del Donbass a Mosca e gli hanno detto: "Zelensky ha aumentato gli attacchi ai confini, per favore difendici". E Putin è stato spinto dalla popolazione russa, dai suoi ministri, dal suo partito a inventarsi questa operazione speciale, come era stata chiamata agli inizi», poi diventata una sanguinosa guerra, ammette il leader di Fi.
Secondo Di Maio, molti partiti nascondono il sostegno a Putin. E Renzi chiede a Conte perché abbia «portato i soldati russi in Italia durante la pandemia», mentre il leader di Iv riconosce a Meloni di essere stata la prima a prendere la linea atlantista. Ma per Letta non basta, se poi sul resto Fdi si stacca dall’Europa.