giovedì 27 marzo 2025
Da Serafin, commissario Ue, un no alla proroga. Per i giudici contabili lo stato di attuazione del Piano è in linea, ma con alcune criticità. Ecco quali sono
(c) giorgio boato gb@giorgioboato.it

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Lo stato di attuazione del Pnrr e del Piano nazionale complementare è in linea, a poco più di un anno dalla scadenza, prevista a giugno 2026. Ma con delle criticità, specie sui livelli di spesa e in settori come istruzione, inclusione e salute che registrano i progressi minori, avvisa la Corte dei Conti. Un allarme ritenuto però non preoccupante dal governo, che rivendica il primato in Europa sia sugli obiettivi rispettati che sulle risorse sbloccate. Il 92% dei progetti presenti nell'intero piano è oggi attivato e 63,9 miliardi sono stati spesi, oltre il 52 dei fondi ricevuti finora: tutto è messo nero su bianco nella nuova relazione semestrale al Parlamento. Numeri che non placano le opposizioni le quali, alla luce dei rilievi dei giudici contabili, invocano un intervento in aula della premier Giorgia Meloni e della possibilità che il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, nel prossimo Ecofin chieda una proroga di un anno. Proroga che viene smentita però quasi in simultanea, in Senato, dal commissario al Bilancio Ue, Piotr Arkadiusz Serafin, la cui posizione viene subito rilanciata dal senatore del Pd, Filippo Sensi.
La Corte dei Conti nella sua relazione scrive che «il raggiungimento degli obiettivi qualitativi e quantitativi, stabiliti a livello nazionale e concordati a livello europeo, è in linea con le previsioni, mentre permangono alcune criticità che richiedono attenzione costante e interventi mirati, soprattutto in vista della scadenza del Piano».
Nel documento si registrano passi in avanti sulla digitalizzazione, la transizione ecologica, le infrastrutture e la mobilità, con livelli di spesa tra il 37% e il 40% delle risorse assegnate (esclusi i crediti d’imposta). Va più lento il progresso nell’ambito dei progetti per istruzione, il settore inclusione e coesione, la salute, che vedono rispettivamente un avanzamento della spesa pari al 25%, 14% e 27% dei finanziamenti destinati. La Corte ha, infine, rimarcato «la particolare delicatezza del tema della sostenibilità della spesa corrente, soprattutto per gli enti locali, vista la necessità di garantire continuità e una gestione efficiente delle opere avviate attraverso una programmazione che assicuri un adeguato supporto finanziario ben oltre il termine del 2026».
Alla Corte l’esecutivo ha replicato a stretto giro con la sua relazione, approvata sempre ieri dalla cabina di regia Pnrr e pronta per l'invio alle Camere. Per Giorgia Meloni si «conferma il primato europeo dell’Italia nella sua realizzazione, per numero di obiettivi conseguiti, per risorse complessive ricevute e per numero di richieste di pagamento formalizzate e incassate». Dopo il pagamento della settima rata (già chiesta) «l’avanzamento finanziario supererà quota 140 miliardi, oltre il 72% del finanziamento complessivo del Pnrr» da 195 miliardi.
La nuova relazione governativa, tuttavia, non chiarisce tutti i dubbi esistenti sull’andamento delle spese. Così le parole della Corte hanno riacceso il dibattito politico, con i gruppi di opposizione che all’apertura della seduta nella Camera sono tornati a chiedere che la presidente del Consiglio venga in aula a riferire, questa volta sullo stato di attuazione. A intervenire sono stati parlamentari di Pd, M5s, Avs, Azione e Italia Viva, che chiedono «che la presidente del Consiglio faccia una operazione verità e trasparenza sullo stato di attuazione di un progetto di investimento che doveva rappresentare una svolta storica», ha sottolineato il dem Piero De Luca.
Sfida rilanciata poi direttamente dalla segretaria del Pd. «I ritardi e le maggiori criticità sono proprio lì dove il Pnrr serve di più - ha detto Elly Schlein -. Sono a rischio case della salute, nidi e alloggi universitari, ma pure infrastrutture ferroviarie e idriche, così come gli aiuti alle imprese per cui il governo ha tardato mesi e cui è complicatissimo accedere». Schlein chiede dunque a Meloni di chiarire in aula «chi ha ragione tra il ministro Giorgetti, che vuole il rinvio, e il ministro Foti, che oggi ci vuole far credere che va tutto bene». Intanto a sgomberare il campo sull’ipotesi della proroga sarebbero già arrivate le parole del commissario europeo per il Bilancio, Serafin, che avrebbe scartato l’idea. Anche il M5s accusa il governo. «Con il duo Giorgia e Giorgetti, addio a tanti progetti», ha commentato il senatore Pietro Lorefice. Tra coloro che si dicono preoccupati per la situazione del Pnrr chiarita dalla Corte, c’è infine l’economista Tito Boeri, che ricorda: «Si parla di 60 miliardi di euro spesi sui 122 sin qui ricevuti. È utile che si sappia che noi stiamo già pagando gli interessi sui soldi presi in prestito».

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