Il ministro Piantedosi al Meeting di Rimini - ANSA
«Se questa discussione serve ad aggiornare il panorama delle valutazioni che un Paese come il nostro deve fare sul tema importante dei nuovi cittadini, va benissimo e va fatto». Non chiude Matteo Piantedosi, sulla nuova cittadinanza per i ragazzi di origine straniera. Non entra nel merito di una discussione «che va lasciata alla valutazione delle forze politiche in Parlamento».
Ma al Meeting di Rimini, al termine di un confronto su “bisogno” e “integrazione” dice con chiarezza che non sarà certo il Viminale a mettersi di traverso a una soluzione pragmatica e razionale. «Secondo me la discussione che è stata sollevata deve servire ad aprire una valutazione che dev’essere anche un po’ tecnica: farlo alla luce di dati concreti e realistici potrebbe aiutarci non a negare il problema e a respingerlo al mittente, ma aiutarci a fare qualcosa di più mirato e importante per le nostre esigenze, che sono di massima integrazione delle persone che arrivano. Sono esigenze non solo economiche, ma anche alloggiative, culturali e di adesione». Fa l’esempio dell’auto «anche la più efficiente che ogni tanto ha bisogno di un tagliando». E allora: «Interroghiamoci su cosa serve a completare un percorso che in Italia ha portato ai risultati che abbiamo oggi».
Il ministro lamenta che spesso la discussione sul tema delle migrazioni si limita o sottolineare la parte esclusivamente economica, mentre «dobbiamo renderci conto che la solidarietà ci dice che si tratta di persone». Il paradosso, però, è che la gran parte delle cittadinanze concesse dal nostro Paese continuano a esserlo sull’onda delle urgenze economiche, e non in un percorso certo e normato di tipo culturale. Ma Piantedosi al Meeting parla da ex prefetto, che crede nel confronto delle pubbliche istituzioni con le “formazioni sociali”. E mentre è scontro fra la Lega e Forza Italia (con Matteo Salvini presente oggi al Meeting e Antonio Tajani che interviene domani, giovedì) il ministro dell’Interno ribadisce la sua posizione pragmatica: «Non vorrei anticipare discussioni che in questi giorni sono un po’ complicate, ma bisogna porsi il problema di come rendiamo» i migranti «nostri cittadini», dice.
Finito il dibattito il ministro dell’Interno ha appuntamento con Matteo Salvini per un giro in fiera con il ministro delle Infrastrutture, che poi interviene in serata a un altro incontro.
Ma fra Lega e Forza lo ius scholae alimenta l’ennesima divaricazione. Per Antonio Tajani non è una priorità di governo ma «i programmi si possono arricchire». Non è una moda estiva - assicura - perché «lo voleva già Berlusconi» ed «è quello di cui ha bisogno l'Italia, che è cambiata», dice in un’intervista a Repubblica e alla vigilia del suo arrivo, oggi, al Meeting, dà la spinta a una nuova legge sulla cittadinanza. Il diritto può essere riconosciuto ai minori stranieri che faranno «un percorso di studi completo» è la sostanza di una proposta di legge su cui FI si confronterà a settembre. Chiude invece l’altro vicepremier, il leghista:«Non è una priorità, non è nell’agenda di governo» replica dal Meeting Salvini. La definisce «un’idea legittima di FI e tale rimarrà», assicura, perché «una legge che funziona non si cambia» Ed esclude, un po’ come auspicio, un po’ come avvertimento,che FI voti con il Pd e con i 5 Stelle su temi legati all’immigrazione.
Ma è un fatto che il tema sia tornato d'attualità, anche dopo le performance olimpioniche degli atleti italiani di seconda generazione.Un progetto in questa direzione anni fa si arenò al Senato nel tentativo di modificarla verso un cosiddetto “ius temperato”, come variante al principio classico dello ius soli, per cui la cittadinanza passa dal luogo in cui si nasce. Il Pd vorrebbe riprovarci, ma il M5s non assicura convergenze. Entrambi, però, concordano sulla disponibilità a confrontarsi con i forzisti su una proposta di legge «se non è una boutade agostana e se loro fanno sul serio», rimarca il Dem Alessandro Alfieri. Tajani non si tira indiestro: «Se il Pd si dice d’accordo con me, non posso essere io a cambiare idea», e qualcuno già evoca maggioranze “modello Ursula” in chiave italiana. Ma garantisce il no assoluto allo ius soli e smentisce manovre in corso: «Mica ho sentito Schlein per fare un inciucio. Né lavoro a un accordo sottobanco con il Pd», assicura. «Le priorità sono altre: l’economia e l’emergenza carceri», ribadisce. Tuttavia rivendica: «Non è che cade il governo se abbiamo votato diversamente su Ursula von der Leyen o se portiamo avanti le nostre idee sulla cittadinanza». Ne fa una questione di «identità». E nega anche che la “svolta” sul tema abbia a che fare con la bacchettata di Marina Berlusconi sui diritti: «La famiglia Berlusconi non mi hai mai imposto niente» ribadisce il leader azzurro, atteso giovedì a Rimini.