Una manifestazione per il diritto alla cittadinanza degli stranieri - Ansa
Le posizioni sulla scacchiera sono ben definite. E forse si capirà dalla prima mossa, alla ripresa dei lavori parlamentari, quale sarà il destino della riforma della legge sulla cittadinanza. Le aperture di Antonio Tajani vedono Forza Italia graniticamente compatta con il suo leader. Sebbene resti l’unica forza della maggioranza decisa ad approvare lo ius scholae. Dall’altra parte, nei partiti di opposizione, tutti si dicono pronti a fare passi indietro dalle rispettive proposte più “impegnative”, pur di «fare un passo avanti», per dirla con il responsabile riforme della segreteria del Pd Alessandro Alfieri, e arrivare al riconoscimento dell’italianità dei bambini e ragazzi nati o cresciuti nel nostro Paese, che abbiano compiuto un ciclo completo di studi.
Se non si tratta di una boutade estiva, spiega Alfieri, i numeri questa volta ci sono. Il Pd non intende strumentalizzare un tema così delicato che riguarda i diritti di tante famiglie, aggiunge ancora il responsabile dem per le riforme. Perciò non si tratterebbe di una legge che mette all’angolo la maggioranza di governo, quanto piuttosto «un’occasione per il Parlamento – diventato un “convertificio” di decreti legge – di avere un sussulto di orgoglio». Insomma, assicura, per il «Parlamento sarebbe un avanzamento sui diritti civili che non intaccherebbe il governo».
Il Pd ci sta, così come M5s, Avs, +Europa, Azione e Italia viva. E la mediazione depositata prima ancora dell’apertura del dibattito estivo dal vicecapogruppo del Pd, il segretario di Demos Paolo Ciani, che ha lanciato dalle pagine di Avvenire la sua terza via («Nazionalità a chi nasce qui o arriva entro i 12 anni e completa un ciclo scolastico») potrebbe essere un punto di caduta. Restano però prudenza e scetticismo sulla tenuta di FI. Per Matteo Renzi «se aspettiamo “sor tentenna” Tajani stiamo freschi...». Ma il partito del vicepremier appare determinato. Per l’ex presidente della Regione Lazio ed ex segretaria dell’Ugl, Renata Polverini , esponente e già parlamentare di FI, «se Forza Italia recuperasse il mio testo che aveva avuto il via libera alla Camera, e si mettesse insieme a una proposta di opposizione come quella di Paolo Ciani, avrebbero una legge già fatta e approvata», spiega.
Quanto alla possibilità di lavorare a temi che non fanno parte dell’agenda di governo, pure per la deputata azzurra Erica Mazzetti «il Parlamento può e deve essere il luogo per un confronto sul tema della cittadinanza». Ragionamento ampiamente condiviso dal presidente della Regione Sicilia ed ex presidente del Senato Renato Schifani: «Anche se lo ius scholae non fa parte del programma, io sto con Tajani, poi sui temi dei diritti Berlusconi ha sempre lasciato libertà di scelta ai parlamentari».
Un verdetto anticipato potrebbe arrivare già la prossima settimana, nel vertice di maggioranza fissato per il 30 agosto, con la premier Giorgia Meloni e il leader della Lega Matteo Salvini. Nel Carroccio oltre alle posizioni estreme come quella del generale Roberto Vannacci «assolutamente contrario allo ius scholae» che ancora prevalgono, qualche distinguo emerge, come quello autorevole di Luca Zaia che si appella al buon senso: «Possiamo almeno parlarne?». E guarda con interesse allo ius scholae. Ma dentro FdI il fronte è compatto sul no. Già il capogruppo Foti aveva chiuso a ogni ipotesi di confronto, per evitare di creare fronti di spaccatura su temi che esulano dal programma, e proprio nel mese in cui si dovrà lavorare alla delicata manovra. Ieri anche il responsabile del programma Francesco Filini ha invitato gli alleati a rispettare «gli impegni presi con gli italiani» tracui non c’è lo ius scholae, che è «invece nel programma di tutta la sinistra. E quindi non portiamo avanti il programma della sinistra» chiede. Insomma, il pressing sugli azzurri è già partito e c’è il rischio che lo stop possa arrivare prima ancora della fine della pausa parlamentare.