Vogliono «stare alla larga» dalla trattativa per la presidenza delle Camere, per dirla con Paolo Gentiloni, ma non per questo i renziani tacciono sulle perplessità che suscita un possibile (e pure difficile) accordo dei democratici con Beppe Grillo per le alte cariche istituzionali. Il sindaco di Firenze riunisce la cinquantina di parlamentari a lui fedeli proprio alla vigilia dell’insediamento delle Camere e della votazione dei presidenti. Al contrario dell’incontro lampo dei senatori e deputati con Pier Luigi Bersani, quello con Renzi si protrae ben oltre le due ore. Il malcontento per le scelte fatte fin qui è molto, ma ufficialmente l’area di Renzi non ostacolerà – come promesso – i tentativi del segretario.Il dibattito è acceso. Si sarebbe dovuto tenere prima della Direzione, pure contestata dal sindaco "rottamatore" ed è stato rinviato per motivi di opportunità. Al leader pd si imputa l’aver puntato subito su Palazzo Chigi, invece di percorrere la strada a tappe, a cominciare da un accordo per i vertici dei due rami del Parlamento. Si doveva aprire un dialogo con il Movimento 5 Stelle, ragionano, destinato comunque a cercare accordi almeno sulle vicepresidenze, i questori e i presidenti delle commissioni per lo svolgimento dei lavori. Non solo. Gli uomini di Renzi non sono affatto convinti di trovare in Grillo un interlocutore. Anzi, il sindaco già lo immagina come avversario alle urne. Un dubbio già avanzato da Mario Monti a Renzi prima e a Bersani poi. Tanto più che, di fronte a risultati così stretti, il Pd, dicono i renziani, avrebbe dovuto aprire al Pdl. Il primo cittadino di Firenze non commenta la strada scelta dal segretario di votare scheda bianca oggi, in attesa di capire e nella speranza di agganciare i grillini. Pur non condividendola, punta altrove. «È fondamentale che il Paese si occupi di lavoro, di patto di stabilità» e delle altre tematiche inerenti alla crisi. Nel merito, però, concede Gentiloni, «quando hai un quorum alto si fa» che si vota scheda bianca ai primi tentativi.Ma sia Graziano Delrio che Roberto Reggi, strettissimi collaboratori del sindaco, hanno ammesso che «non si gioca con le istituzioni»: servono «presidenti rappresentativi e autorevoli». Di fatto, per Reggi, «siamo di fronte a un fallimento del Pd. Avevamo una grande opportunità, non l’abbiamo sfruttata». Ora , però, «la soluzione non è quella che sta cercando Bersani ma credo che lui stesso non la consideri realistica. Questo inseguimento del M5S ci sta facendo fare una figura non bella, poi temo sia destinata a fallire».