Giorgio Napolitano si sente «alleggerito, come sempre quando si compie un adempimento». È sera. Le polemiche per la nomina, a sorpresa, di quattro senatori a vita (Claudio Abbado, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia) si sono già consumate. Chi fa i conti dei costi, chi dice che sono solo una truppa di riserva per un eventuale Letta-bis. Ma Napolitano non ci sta, e da quelle poche parole dette a
Sky in occasione del decimo anniversario del network satellitare trapela tutta la sua irritazione, per quelle «macchinazioni assurde», per nomine che «non è possibile leggere come funzionali a un disegno politico».
Un musicista «tra i più illustri del panorama internazionale» (anche se poi Abbado ha lasciato dei dubbi sull’accettazione per via del «suo stato di salute»), una scienziata «specializzata nei temi medici e della genetica», un architetto «ricercatissimo in tutto il mondo» e «un premio Nobel per la fisica». Tutte «grandi personalità. Ho compiuto quello che mi toccava compiere per i senatori a vita». Persone «che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo scientifico, artistico e sociale». E nessun politico. Quelle polemiche politiche per queste nomine a lungo ponderate (dopo la recente scomparsa di Rita Levi Montalcini, Giulio Andreotti ed Emilio Colombo) proprio non se l’aspettava. O al massimo le aveva messe nel conto da Lega e grillini, non certo dal Pdl.
Più esplicita la replica di Enrico Letta, che arriva da Genova. Indossa l’elmetto, il premier: «Ho sentito dichiarazioni, battute di formiche che non possono nemmeno permettersi di parlare rispetto al gigante che è Giorgio Napolitano».
Il presidente della Repubblica aveva parlato, nel dare l’annuncio in mattinata di scelta improntata alla «serena continuità istituzionale» allo scopo di «colmare i vuoti tristemente determinatisi, nel breve giro di un anno, nelle fila dei senatori a vita di nomina presidenziale». Aveva difeso l’istituto, previsto dall’articolo 59 della Costituzione, che era finito nel mirino dopo l’ultima nomina, quella di Mario Monti, a ridosso del suo incarico a Palazzo Chigi: «Resto sempre convinto delle ragioni che indussero i padri costituenti a prevedere quella speciale presenza nel Senato della Repubblica e ad attribuire quella facoltà al Presidente della Repubblica». Una scelta ponderata («Ho raccolto elementi di giudizio e compiuto passi discreti....») in linea con la prassi cui «variamente si sono attenuti i diversi miei predecessori». Una scelta caduta «su personalità rappresentative del mondo della cultura e della scienza», pur nella consapevolezza del valore di «non poche altre personalità, che pure hanno illustrato la Patria per altissimi meriti». Quanto alla meno nota tra i quattro, Elena Cattaneo, Napolitano l’aveva definita una «nomina di una donna di scienza di età ancor giovane ma già nettamente affermatasi». L’invito era a considerarla anche come un «forte segno di apprezzamento, incoraggiamento e riferimento per l’impegno di vaste schiere di italiane e italiani di nuove generazioni dedicatisi con passione, pur tra difficoltà, alla ricerca scientifica». Infine il convinto auspicio per il «contributo peculiare, in campi altamente significativi, alla vita delle nostre istituzioni democratiche, e -
in assoluta indipendenza da ogni condizionamento politico di parte - all’attività del Senato e dell’intero Parlamento».
Ma a sera la percezione che arriva al Quirinale è di grande preoccupazione per un clima improvvisamente peggiorato, nell’escalation comunicativa fra Genova (alla festa del Pd) e Roma, nelle parole di nuovo minacciose di Silvio Berlusconi. Napolitano riflette. Proprio non se l’aspettava, nel giorno di nomine che dal Colle sono valutate alla stregua di un atto dovuto.