giovedì 7 giugno 2012
Il presidente della Repubblica ha assicurato i cittadini emiliani: rialzeremo le vostre fabbriche, le vostre case. Il consiglio dei ministri proroga lo stato di emergenza fino al maggio 2013. di Nello Scavo
Stop al pagamento delle bollette nelle zone colpite
REPORTAGE Carpi, città fantasma tra silenzi e speranze di Marina Corradi
SOLIDARIETA' Un Live Aid per l'Emilia con le sue star di Stefano Andrini
CARITAS Parrocchie riferimento per 16mila sfollati di Paolo Lambruschi
STORIA Ricostruzione, il Friuli modello virtuoso di Francesco Dal Mas
TESTIMONI «È venuto giù il cielo». Il racconto dei bambini di Lucia Bellaspiga
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Quando sbuca dall’elicottero presidenziale già si capisce che quel che ha visto da lassù lo ha impressionato: palazzi storici sbriciolati, capannoni dal tetto sfondato, stalle come esplose. «Anch’io posso fare qualcosa per voi. Se qualcuno per caso si distraesse – assicura alla multietnica folla di senza tetto –, io posso dargli la sveglia e state certi che lo farò».Non v’è retorica nelle parole del Capo dello Stato, arrivato in terra Emiliana non solo per dovere: «Ieri sera mi hanno portato il decreto alle otto e mezza. L’ho firmato ad occhi chiusi». La voce s’incrina ancora una volta. «Non potevo venire qui senza il decreto», quasi singhiozza il presidente tra gli applausi degli sfollati. Davanti agli ospiti della tendopoli “Friuli Venezia Giulia 1”, il tratto d’umanità dell’inquilino del Quirinale viene accolto come la carezza paterna di chi, finalmente, è venuto a ridare speranza. Sono giornate dure. Il caldo delle tende toglie il fiato e il sonno. «State sicuri, non sarete dimenticati, l’Emilia non sarà dimenticata».Parlando a braccio, mentre lo ascoltano giovani maghrebini, le loro mamme coperte dal velo sedute accanto alle signore di Mirandola che hanno perso casa e lavoro, Napolitano torna indietro con i ricordi. A quando, da ministro dell’Interno, arrivò ad Assisi poche ore dopo il devastante sisma del 1997. «Vidi la basilica di San Francesco e pensai: è finito tutto». E mentre rievoca la chiesa polverizzata, i lutti, la disperazione di allora, una smorfia gli attraversa il volto: «Come siamo riusciti nel “miracolo” di rialzare la basilica di San Francesco d’Assisi, qui rialzeremo le vostre fabbriche, le vostre case, le vostre attivita».Non è tipo da promesse facili, il capo dello Stato. «Ci vorrà tempo e ci vorrà tenacia», avverte mentre guarda i sindaci della Bassa provati. «L’Italia è uno Stato degno di rispetto, pur con i nostri difetti – scandisce – siamo una grande nazione che non può venire meno ai suoi doveri quando una parte di essa è ferita». Il rimando è anche a quanti avrebbero voluto approfittare del disordine e del disagio per portare a casa qualche punto in più nei sondaggi d’opinione. Alcuni erano fuori ad aspettarlo, per esibirsi in fischi e insulti surclassati dagli applausi degli sfollati. «Qui giochiamo coi sentimenti della gente, giochiamo con la vita delle persone. Pensiamo – è il rimprovero di Napolitano – a fare quello che è necessario, ognuno faccia la sua parte senza secondi fini e calcoli di partito ed elettorali».Poco distante dalla tendopoli c’è la zona industriale di Mirandola. Osservata dall’elicottero appare come bombardata chirurgicamente da missili impazziti. Sotto le macerie sono morti in sette, tra operai, un imprenditore ed un ingegnere. Eppure rivolgendosi al presidente, nessuno domanda sussidi a tempo indefinito, risarcimenti o chissà ché: «Dateci una mano, la possibilità di ripartire dai blocchi di partenza, poi a correre ci pensiamo noi», ha detto Napolitano sintetizzando le richieste raccolte durante la sua giornata tra le ceneri del disatro.Le responsabilità andranno accertate. Se è vero che «l’Italia convive con una natura difficile, dove al dissesto idrogeologico – annota il presidente della Repubblica – si accompagna un alto rischio sismico e vulcanico», non si può tacere davanti a tragedie dovute all’incuria nei confronti della natura: «Si è davanti ad un discorso che spesso grida vendetta». Vale per le alluvioni, come per gli eventi sismici: «Un delitto che costa molto di più delle opere di prevenzione e del rispetto delle regole nel costruire».Nella Bassa, però, l’urgenza è quella di «evitare che se ne vadano aziende che non possono riprendere l’attività in un tempo ragionevole». Il decreto firmato al Quirinale ha questo scopo. E se in corso d’opera occorressero aggiustamenti, per il presidente ciò «lo può dire soltanto la vostra esperienza sul campo». A una condizione: «Bisogna darsi da fare perché l’attività riprenda – ha rimarcato il capo dello Stato – nelle condizioni essenziali di sicurezza». Nessuno può sapere che intenzioni ha il sottosuolo, e non si possono mettere a repentaglio altre vite, com’é acaduto quando «si era provato a riprendere il lavoro» e poi scon la seconda scossa si è stati «malamenti colpiti, malamente travolti».Se occorresse a dare impulso e speranza, Giorgio Napolitano andrebbe in vacanza sulla costa romagnola, «ma forse ci vuole uno sforzo un po’ più grande e collettivo», ha osservato giudicando come «una cosa assurda che, non tanto ingenuamente, qualcuno cerchi di buttare un’ombra sul turismo della costa romagnola».È il tramonto quando Napolitano e la moglie Clio riprendono la rotta verso il Quirinale, dopo aver incontrato i congiunti delle vittime negli altri centri colpiti.Era venuto per rincuorare, il presidente. Ne è ripartito rinfrancato: «Ho trovato - confessa - una grande fermezza, una grande determinazione ed anche molta forza, non nervosismo». L’Emilia, né è ancora più certo, "si sta già rialzando".erplessità», è questo il giudizio più diffuso tra gli imprenditori di Mirandola e dintorni colpiti dallo stop imposto dal terremoto. Confindustria Modena non ha ancora espresso una posizione ufficiale. Molto dipenderà dalle valutazioni dei tecnici che stanno studiando il decreto per la ricostruzione firmato da Napolitano l’altro ieri. Del resto, forse cogliendo alcuni interrogativi che vengono dagli operatori sul campo, è stato lo stesso capo dello Stato a lasciare aperta la porta a migliorie «sulla base dell’esperienza di chi è sul posto».La maggiore «perplessità» riguarda i tempi di riapertura delle aziende. Gli imprenditori, soprattutto quanti ritengono di non aver subito danni dal sisma, chiedevano di poter riaprire subito dopo aver svolto lavori di messa in sicurezza temporanea operando poi, in tempi più lunghi, le ristrutturazioni più impegnative. La normativa varata invece punta proprio sulla “sicurezza massima”, che secondo Augusto Gambuzzi, presidente dell’ordine degli ingegneri di Modena, vuol dire far ripartire le imprese tra molti mesi.A differenza che in precedenti catastrofi, stavolta si è scelto di coinvolgere sin dall’inizio gli enti locali. «In quel decreto – ha voluto infatti precisare Giorgio Napolitano – c’è molto lo zampino del presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani e quindi potete essere abbastanza tranquilli per le esigenze vere ed urgenti ed anche per le scelte di progettazione futura».Ottimisti si sono detti anche i sindaci dei centri schiaffeggiati dal sisma, ma rinfrancati dalle parole del presidente della Repubblica. «Ho apprezzato il suo sostegno sincero: la forza di volontà che esprime, la sua chiarezza, la sua lucidità nell’analizzare le questioni e nel sostenere le nostre istanze», ha commentato il primo cittadino di San Felice sul Panaro, Alberto Silvestri. «Per noi – ha aggiunto – è motivo di forza, di ulteriore energia per un compito davvero difficile, che ci siamo trovati a dover affrontare nostro malgrado». All’incontro con Napolitano c’erano, oltre a Franco Gabrielli, capo della Protezione civile nazionale anche Fabio Pigaiani, sindaco di Ficarolo (Rovigo), e Simona Maretti, sindaco di Moglia (Mantova).«I nostri obiettivi primari sono la riapertura delle scuole e dei municipi. Per questo al premier Monti chiederò di svincolare risorse dal patto di stabilità», ha invece annunciato il presidente dell’Associazione dei comuni italiani, Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, dopo il vertice a Bologna con il capo dello Stato.Nelle prossime ore si conoscerà di più a proposito della portata del decreto per la ricostruzione. E a voler dare ragione a chi punta sulla sicurezza più che sulla riapertura ad ogni costo delle aziende è stata ancora una volta la natura. Pochi minuti dopo che Giorgio Napolitano aveva lasciato la zona terremotata, intorno alle 20 un nuovo sisma di magnitudo 3,3 ha rovinato la cena degli sfollati. Che neanche stanotte riusciranno a dormire.

GLI IMPRENDITORI TEMONO UN FERMO IMPIANTI DI MOLTI MESI«Perplessità», è questo il giudizio più diffuso tra gli imprenditori di Mirandola e dintorni colpiti dallo stop imposto dal terremoto. Confindustria Modena non ha ancora espresso una posizione ufficiale. Molto dipenderà dalle valutazioni dei tecnici che stanno studiando il decreto per la ricostruzione firmato da Napolitano l’altro ieri. Del resto, forse cogliendo alcuni interrogativi che vengono dagli operatori sul campo, è stato lo stesso capo dello Stato a lasciare aperta la porta a migliorie «sulla base dell’esperienza di chi è sul posto».La maggiore «perplessità» riguarda i tempi di riapertura delle aziende. Gli imprenditori, soprattutto quanti ritengono di non aver subito danni dal sisma, chiedevano di poter riaprire subito dopo aver svolto lavori di messa in sicurezza temporanea operando poi, in tempi più lunghi, le ristrutturazioni più impegnative. La normativa varata invece punta proprio sulla “sicurezza massima”, che secondo Augusto Gambuzzi, presidente dell’ordine degli ingegneri di Modena, vuol dire far ripartire le imprese tra molti mesi.A differenza che in precedenti catastrofi, stavolta si è scelto di coinvolgere sin dall’inizio gli enti locali. «In quel decreto – ha voluto infatti precisare Giorgio Napolitano – c’è molto lo zampino del presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani e quindi potete essere abbastanza tranquilli per le esigenze vere ed urgenti ed anche per le scelte di progettazione futura».Ottimisti si sono detti anche i sindaci dei centri schiaffeggiati dal sisma, ma rinfrancati dalle parole del presidente della Repubblica. «Ho apprezzato il suo sostegno sincero: la forza di volontà che esprime, la sua chiarezza, la sua lucidità nell’analizzare le questioni e nel sostenere le nostre istanze», ha commentato il primo cittadino di San Felice sul Panaro, Alberto Silvestri. «Per noi – ha aggiunto – è motivo di forza, di ulteriore energia per un compito davvero difficile, che ci siamo trovati a dover affrontare nostro malgrado». All’incontro con Napolitano c’erano, oltre a Franco Gabrielli, capo della Protezione civile nazionale anche Fabio Pigaiani, sindaco di Ficarolo (Rovigo), e Simona Maretti, sindaco di Moglia (Mantova).«I nostri obiettivi primari sono la riapertura delle scuole e dei municipi. Per questo al premier Monti chiederò di svincolare risorse dal patto di stabilità», ha invece annunciato il presidente dell’Associazione dei comuni italiani, Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, dopo il vertice a Bologna con il capo dello Stato.Nelle prossime ore si conoscerà di più a proposito della portata del decreto per la ricostruzione. E a voler dare ragione a chi punta sulla sicurezza più che sulla riapertura ad ogni costo delle aziende è stata ancora una volta la natura. Pochi minuti dopo che Giorgio Napolitano aveva lasciato la zona terremotata, intorno alle 20 un nuovo sisma di magnitudo 3,3 ha rovinato la cena degli sfollati. Che neanche stanotte riusciranno a dormire.

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