L’arrivo, ieri a Fiumicino, di un primo gruppo di profughi afghani giunti con i corridoi umanitari - Ansa
È passato quasi un anno dal ritorno dei taleban a Kabul. Il ritiro precipitoso ad agosto delle truppe americane aveva scatenato il panico tra tantissimi afghani. Ma quegli aerei occidentali, presi d’assalto come scialuppe in un naufragio, avevano lasciato a terra tante persone. A migliaia erano fuggite oltre confine. Ora quasi 300 sono sbarcati a Roma grazie al primo corridoio umanitario per afghani reso possibile dall’accordo tra Stato italiano e società civile.
A firmare, il 4 novembre 2021, erano stati i ministeri di Esteri e Interno assieme a Cei, Sant’Egidio, Fcei, Tavola Valdese, Arci, oltre a Oim, Inmp e Acnur. L’accordo prevede in totale 1.200 arrivi, tutti a carico delle organizzazioni umanitarie coinvolte.
E da Montecitorio arriva un segnale positivo in tema di migrazioni: nelle commissioni Esteri e Difesa, sul voto finale per la delibera delle missioni internazionali, il Pd per la prima volta non ha votato il rinnovo della missione in Libia, che prevede addestramento e mezzi per la sedicente guarda costiera libica, responsabile di violenze sistematiche sui migranti.
l profughi del primo corridoio umanitario afghano si erano tutti rifugiati in Iran e Pakistan. Si tratta per lo più di appartenenti alla minoranza Hazara: molte donne, tra cui le atlete della disciolta nazionale afgana di ciclismo, mamme con bambini, attivisti per i diritti umani, persone perseguitate per l’orientamento sessuale. E otto famiglie di collaboratori delle opere educative dei salesiani, chiuse da un anno. Tre i voli che li hanno portati in Italia: lunedì scorso da Teheran in 15, ieri 217 da Islamabad, oggi altri 70 da Teheran.
Al corridoio stavolta hanno collaborato anche Open Arms, assieme all’ong Solidaire (che ha fornito il Boeing 787 per il volo charter da Islamabad, aereo già usato per evacuare profughi dall’Ucraina) e Fondazione Pangea onlus. Il miliardario israelo-canadese, Silvan Adams, proprietario di Israel premier tech, squadra ciclistica che si è aggiudicata due tappe del Tour de France, si è fatto carico dell’accoglienza delle cicliste, ospitate a L’Aquila. Istituti religiosi, parrocchie, famiglie e Circoli Arci un po’ in tutte le regioni si faranno carico dell’accoglienza.
A dare il benvenuto ai richiedenti asilo, al Terminal 5 di Fiumicino, anche la viceministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Marina Sereni: «Un anno fa il governo italiano ha preso l’impegno di non abbondare il popolo afghano – ha detto - e continueremo a portare aiuti umanitari, la situazione è gravissima». «Abbiamo mantenuto la promessa – ha sottolineato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio – e oggi inizia per voi una storia nuova. Integratevi in Italia e troverete tanta pace e tanto futuro». «I rifugiati sono tutti uguali, che vengano dell’Ucraina, dall’Afghanistan o dal Nord Africa», hanno puntualizzato Alessandra Trotta, moderatora della Tavola Valdese, e Daniele Garrone, presidente delle chiese evangeliche in Italia.
«Vorremmo mettere in salvo tutte le migliaia di afghani che ci hanno chiesto aiuto – ha detto Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci – ma dovrebbero farlo anche i governi, l’Europa è un continente vecchio che ha bisogno di forze giovani. Questi corridoi sono una breccia che la società civile ha scavato nel muro che l’Europa sta costruendo intorno ai suoi confini. Se queste stesse persone accolte con generosità si fossero messe in viaggio da sole, come il 99% dei profughi, verrebbero chiamate con disprezzo clandestini».
Un saluto anche da Silvan Adams, che con la sua squadra ha appena partecipato al Tour de France: «Può sembrare stupefacente che voi musulmani siate aiutati da un ebreo come me e da organizzazioni cristiane. Ma siamo tutti fratelli su questo pianeta e dobbiamo vivere assieme in pace».