La maggioranza mostra una navigazione sempre più difficoltosa alla Camera, dove la mega-manovra da 55 miliardi resta impantanata in commissione (scade il 18 luglio e deve ancora andare in Senato). I dossier che dividono la coalizione giallo-rossa - inclusa la prossima 'manovrina' di luglio e relativo scostamento del deficit - restano tutti sulla scrivania del premier Giuseppe Conte, rimandati da un vertice all’altro (uno nuovo si profila all’inizio della prossima settimana). Ma che i nodi stanno venendo tutti al pettine ci pensa Angela Merkel a ricordarlo a Palazzo Chigi, il cui orizzonte resta pieno d’incognite. A partire dal Mes, il nuovo prestito per le spese sanitarie creato sull’onda dell’emergenza dettata dal coronavirus.
La questione del fondo salva-Stati 'leggero' è tornata ancor più d’attualità per il pressing, quasi un invito esplicito a usarlo, giunto dalla cancelliera tedesca in un’intervista a diversi quotidiani europei tra cui La Stampa. Ma sul punto il premier non vuole avere pressioni esterne. La sua preoccupazione è tenere in piedi il fragilissimo equilibrio di una maggioranza debole nei numeri e costantemente segnata dalle tensioni dentro i due principali partiti alleati. Il fondo Ue per la ripresa «non può risolvere tutti i problemi – sono state le parole di Merkel –. Lavoro per convincere questi Paesi (i cosiddetti 4 stati 'frugali' che non vogliono aiuti diretti, ndr), ma le trattative sono difficili». Quindi, il messaggio: «Non abbiamo messo a disposizione degli Stati strumenti come il Mes o Sure perché restino inutilizzati».
Ma Conte, per ora, evita qualsiasi passo frettoloso. E così, nella conferenza stampa sulla scuola, risponde con nettezza (inedita) a Merkel: il fondo Sure anti-disoccupazione «sarà attivato », ma sul Mes «non è cambiato nulla, a far di conto per l’Italia ci sono io, con il ministro Roberto Gualtieri, i ragionieri dello Stato e i ministri». È uno stop per non agitare ulteriormente le già agitatissime acque di M5s. E che il capo del governo punta a far rimanere tali, cercando - questo sarebbe il piano - di evitare di nuovo un voto del Parlamento italiano prima del Consiglio Ue del 16-17 luglio, con la motivazione che all’ordine del giorno ci sarebbe il Recovery fund e non il Mes.
Conte prova a sgombrare prima il campo da altre mine, come l’atteso decreto Semplificazioni. L’obiettivo è portare la bozza del testo al prossimo Consiglio dei ministri ma, precisa, «è un testo che sta suscitando molta attenzione e sono consapevole che i gruppi parlamentari, non solo della maggioranza, vogliono essere coinvolti, e li coinvolgeremo ». È un messaggio di dialogo rinnovato, nella speranza di raccogliere maggiori risposte strada facendo. Perché lui e i capi delegazione sono chiamati a scegliere una serie di nodi: dalla decisione tra tagliare l’Irpef, l’Iva o entrambe allo scegliere, appunto, se - e nel caso quanto - usare dei 36 miliardi a disposizione del Mes. Perché, sulla nuova 'manovrina' e sul piano per la ripresa da presentare a settembre a Bruxelles, l’utilizzo o meno delle risorse del Meccanismo europeo di stabilità (che possono coprire spese anche retroattive e che hanno interessi vicini allo zero) può avere un peso strategico. Intanto il nodo dell’Iva da ridurre per favorire una ripresa dei consumi nel post-pandemia non si scioglie. E, forse non a caso, Gualtieri (notoriamente più a favore invece, come il Pd, di un nuovo intervento per ridurre le tasse sul lavoro) preferisce ricordare gli sgravi, varati con la manovra di fine 2019, che scattano da mercoledì: «Abbiamo ridotto le tasse a 16 milioni di lavoratori e dal 1° luglio gli stipendi aumenteranno, per 4,5 milioni di persone di 100-80 euro netti al mese, per 11 milioni i vecchi 80 euro arriveranno a 100 euro, sono 7 miliardi di tasse tagliate in modo permanente, un primo passo della riforma più ampia dell’Irpef». Inoltre, a beneficio delle imprese ci sono anche «i sostegni a fondo perduto, arrivati ora «a quasi un milione di domande».