Siccome, però, almeno il 50% delle morti materne «potrebbe essere evitata», dal 2008 è operativo un sistema attivo di sorveglianza che, dal 2010, coinvolge otto Regioni (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sicilia), che insieme coprono il 73% dei parti totali. «In queste regioni – spiega Donati – abbiamo svolto attività di formazione per tutti gli operatori e, ogni volta che avviene una morte materna, si avvia un’attività di audit e di indagini confidenziali (come avviene nel Regno Unito dal 1952). Tutto viene poi riportato all’Istituto che arriva a una conclusione». In questo modo, per esempio, si è scoperto che oltre la metà (il 51% per la precisione) degli episodi di morte materna sono legati all’emorragia post partum. «Per ridurre al massimo questi episodi – prosegue Donati – abbiamo già effettuato attività di formazione specifica del trattamento dell’emorragia post partum che ha coinvolto oltre 6mila professionisti. Per affinare ancora di più il sistema, oltre ai casi di morte prendiamo in considerazione anche i cosiddetti near miss, i “quasi decessi” che ci dicono dove sono le criticità del sistema. Il nostro obiettivo è ridurre a zero le morti evitabili». Decessi e near miss sono segnalati all’Istituto da una rete di 372 strutture sul territorio collegate direttamente con il centro attraverso operatori appositamente formati. «Stiamo lavorando per elevare gli standard di sicurezza – conclude Serena Donati – e anche i casi di questi giorni, concentrati in modo assolutamente atipico, rappresentano un’infelice casualità in un sistema che, ripeto, è sicuro». Ciò nonostante, dopo la Federazione delle ostetriche, ieri anche i ginecologi sono tornati a chiedere al ministro Lorenzin impegni concreti circa «le problematiche strutturali e di organico che assillano gran parte dei punti nascita italiani». L’appello è firmato da Nicola Colacurci, Paolo Scollo e Vito Trojano, rispettivamente presidenti dell’Associazione ginecologi universitari italiani, della Società italiana di ginecologia e ostetricia e dell’Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri. Le nuove norme europee su orari e riposi in sanità, spiegano le associazioni, «ha acuito la carenza, già grave e in alcune regioni cronica, nelle dotazioni di organico, a cui spesso non si sa come far fronte o che vengono tamponate con personale interinale che non permette la creazione di una equipe multidisciplinare (ginecologo, ostetrica, anestesista), prerequisito per l’ottimizzazione della cura delle urgenze ostetriche».
Finora stop a 88 strutture sotto i 500 neonati Il Ministero: salvaguardia per i territori disagiati. IL GRAFICO
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