Un momento dell'incontro tra Meloni e Trudeau - Reuters
Ancora una volta, è all’estero che Giorgia Meloni raccoglie le maggiori gratificazioni, mentre nei confini nazionali le preoccupazioni condizionano il cammino. Ma se a Washington, venerdì, la premier aveva rinviato il momento del confronto con i cronisti, a Toronto invece, al termine della due-giorni nordamericana, non si può sottrarre. Ci sono frizioni vere o presunte con il capo dello Stato dopo i fatti di Pisa? La premier la prende lunga, si innervosisce, alla fine ammette: «Errori ce ne sono stati» nella gestione dell’ordine pubblica. Ma se questo era evidente ai più, resta da capire se lei e il Quirinale la pensano in modo diverso, e se l’accusa di Palazzo Chigi a generiche «istituzioni» che lederebbero le forze dell’ordine è rivolta proprio al Colle. «No, mi riferisco ai parlamentari di sinistra. I miei rapporti con il presidente della Repubblica sono ottimi, i tentativi di creare crepe sono strumentali. È la sinistra che si nasconde dietro queste crepe che non ci sono per contrastare il premierato. Invece di spiegare agli italiani che non vogliono che si scelga il presidente del Consiglio, siccome vogliono fare i governi di palazzo, creano questa polemica artefatta con il Quirinale. Questo è il gioco. Ma conMattarella non c’è nessuna distanza, è stato l’unico che ha chiamato i poliziotti aggrediti a Torino, diversamente dai leader di sinistra». Alla fine della lunga risposta, la premier sembra quasi sollevata, come si fosse tolto un peso. Poco dopo, però, i toni si fanno accesi con i giornalisti: «Mi dica quali poteri togliamo al presidente della Repubblica, me li dica...», alza i toni la premier.
Un momento di tensione acuta, che mette in secondo piano l’incontro di Toronto, nuova tappa di preparazione al G7 pugliese, in cui la premier segna definitivamente la “pace” con Justin Trudeau (ai primi vertici internazionali ci furono scambi di opinione sui diritti individuali non proprio all’insegna della serenità). Incidenti superati: ieri il leader canadese ha riconosciuto «coerenza» e «concretezza» alla presidente del Consiglio, che dalla trasferta oltreoceano (venerdì c’è stato il faccia a faccia con Joe Biden) porta a casa non solo il trasferimento in Italia di Chico Forti ma anche una «Roadmap per la cooperazione rafforzata» proprio con il governo di Toronto. Un passo avanti nelle relazioni bilaterali per incrementare la collaborazione economica «nei prossimi 3-5 anni», dice il documento finale dei due leader. I settori della «cooperazione rafforzata» vanno dalla sicurezza energetica al cambiamento climatico, dal contrasto al traffico di essere umani all’intelligenza artificiale. Un capitolo, quest’ultimo, su cui Meloni sta cercando di convincere i partner americani e canadesi a prevedere una “governance politica globale”. Nel documento finale, Meloni strappa anche un riferimento al «Piano Mattei». Tra le proposte avanzate da Meloni in ambito G7, anche quella di una sessione ministeriale dedicata a disabilità e inclusione. Mentre sul conflitto in Medio Oriente Meloni e Trudeau confermano il cambio di passo occidentale, sulla scia degli Usa, nel chiedere a Netanyahu di «evitare l’escalation».
Ma se, appunto, all’estero la premier riesce a scrollarsi di dosso alcune delle preoccupazioni con cui era attesa sulla scena internazionale, in patria le cose sono più complicate. Il chiarimento su Mattarella era ormai improcrastinabile. Restano le continue tensioni con Salvini e i dossier economici irrisolti, amplificati dalla sconfitta in Sardegna («Aspettiamo il riconteggio e poi vediamo», dice a proposito dello svantaggio che si assottiglia). Ma la situazione nel complesso ha reso l’imminente test in Abruzzo di domenica prossima una sorta di prova della verità per il destracentro a trazione Fdi. La premier sarà a Pescara martedì, e non rinuncerà dunque, né lei né gli altri leader della coalizione, alla “foto di gruppo” che non ha portato bene al cagliaritano Truzzu.