Il presidente Mattarella all'assemblea di Confindustria - ANSA
Un lungo applauso ha accolto Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, stamattina nell'aula dell'auditorium Parco della musica per l'assemblea annuale di Confindustria. E allo stesso modo, con una standing ovation, la platea lo ha salutato al termine del suo intenso intervento. Prima di lasciare la sala, il Capo dello Stato ha stretto la mano - tra gli altri - alla premier Giorgia Meloni, ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, e al padrone di casa, il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.
«Un'economia in salute contribuisce al bene del sistema democratico e della libertà, alla coesione della nostra comunità», ha sottolineato dunque il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, richiamando il legame, «per quanto possa a molti apparire scontato, tra economia e democrazia». Ma «la democrazia si incarna nei mille luoghi di lavoro e studio. Nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali. Nella libertà d'intraprendere dei cittadini. Prima di ogni altro fattore, a muovere il progresso è, infatti, il "capitale sociale" di cui un Paese dispone». Un capitale, ha sottolineato il Presidente, «che non possiamo impoverire. È una responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese: troppi giovani cercano lavoro all'estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili».
E ha aggiunto: «Le aziende sono al centro di un sistema di valori, non solo economici». Dunque «l'impresa ha responsabilità che superano i confini delle sue donne e dei suoi uomini e, aggiungo, dei suoi mercati. Le imprese sono veicoli di crescita, innovazione, formazione, cultura, integrazione, moltiplicazione di influenza, fattore di soft-power. E sono, anche, agenti di libertà». Generare ricchezza «è una rilevante funzione sociale. È una delle prime responsabilità sociali dell'impresa. Naturalmente, non a detrimento di altre ricchezze, individuali o collettive», perché «non è il capitalismo di rapina quello a cui guarda la Costituzione nel momento in cui definisce le regole del gioco. Il principio non è quella della concentrazione delle ricchezze ma della loro diffusione». È il modello «che ha fatto crescere l'Italia e l'Europa».
Mattarella ha ricordato che «un principio fondamentale della democrazia» è quello di «evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti. Vale per le istituzioni. Vale per le imprese», in sana concorrenza «all'interno di un mercato libero. E la lotta ai monopoli ne rappresenta capitolo importante. L'impresa è una formazione intermedia nella nostra società».
Tra le responsabilità delle imprese. ha ribadito il Qurinale, c'è la sicurezza: «L'economia di mercato non pone in discussione valori costituzionalmente rilevanti, quali il rispetto della dignità umana e il dovere di solidarietà». E dunque «è anzitutto il tema della sicurezza sul lavoro che interpella, prima di ogni altra cosa, la coscienza di ciascuno. Democrazia è rispetto delle regole, a partire da quelle sul lavoro». E ha aggiunto: «Vanno rifiutate spinte di ingiustificate egemonie delle istituzioni nella gestione delle regole o, all'opposto, di pseudo-assolutismo imprenditoriale, magari veicolato dai nuovi giganti degli Over the top che si pretendono, spesso, legibus soluti». La Costituzione piuttosto «opta decisamente per un'economia di mercato in cui la libertà politica è il quadro entro cui si inserisce la libertà economica, le attività con le quali le imprese partecipano, come si è detto, a raggiungere le finalità delineate nella Prima parte della Carta».
E dopo avere ricordato le imprese colpite dalle recenti alluvioni, Mattarella ha parlato degli imprenditori come «attori sociali essenziali nella nostra società. Basta pensare anche soltanto alla crisi della pandemia che abbiamo attraversato quando, insieme ad altre categorie, avete evitato che l'Italia si fermasse«
All'inizio Carlo Bonomi ha accolto Sergio Mattarella assicurando di essere «tra coloro che credono che, in un ordinamento come il nostro, che correttamente ambisce a una maggiore stabilità di governo, il Capo dello Stato debba continuare ad essere il garante della Costituzione», nella certezza «che Lei continuerà a far sentire la sua voce ferma e ispirata a tutela dei principi della nostra democrazia, a sostegno delle scelte internazionali fatte liberamente dall'Italia, per l'osservanza e per l'attuazione dei diritti dei cittadini, a partire dai più fragili».