Sergio Mattarella a Cassino incontra gli studenti - ANSA
Un richiamo a fare di più per la pace, e a farlo come Europa, nel segno di San Benedetto. Sergio Mattarella, parlando a Cassino alla cerimonia commemorativa dell'ottantesimo anniversario della distruzione della città da parte degli Alleati, ricorda le parole di Paolo VI che «vent'anni dopo quei drammatici eventi nell'inaugurare la ricostruita Abbazia, volle tributare alla figura di San Benedetto il riconoscimento di essere Patrono dell'Europa. “Messaggero di pace - lo definì - realizzatore di unione, maestro di civiltà”. La nuova Abbazia ha la stessa vocazione ma ambisce anche a essere prova di un'accresciuta consapevolezza degli orrori delle guerre e di come l'Europa debba assumersi un ruolo permanente nella costruzione di una pace fondata sulla dignità e sulla libertà. Ne siamo interpellati», ammonisce il capo dello Stato a chiarire, ove ci fossero dubbi, che si sta parlando dell’oggi e non solo in chiave di commemorazione.
Cassino città martire d'Europa, «come Coventry, come Dresda». Ma mentre si leva «un sentimento di pietà verso i morti, le vittime civili, non può che sorgere, al contempo, un moto di ripulsa da parte di tutte le coscienze per la distruzione di un territorio e delle sue risorse, per l'annientamento delle famiglie che lo abitavano, nel perseguimento della cieca logica della guerra, quella della riduzione al nulla del nemico, senza nessun rispetto per le vittime innocenti. Lutti e sofferenze, pagate in larga misura dalla incolpevole popolazione civile, a partire dal funesto bombardamento del 15 febbraio contro l'Abbazia, nel quale, con i monaci, perirono famiglie sfollate, tante persone che vi si erano rifugiate contando sull'immunità di un edificio religioso, espressione di alta cultura universalmente conosciuta. Ma la guerra - avverte Mattarella - non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie».
Ma allora «far memoria di una tragedia, di una battaglia così sanguinosa, come quella di Cassino - che ha inciso nelle carni e nelle coscienze del nostro popolo e di popoli divenuti nostri fratelli - è anche un richiamo a far cessare, ovunque, il fuoco delle armi, a riaprire una speranza di pace, di ripristino del diritto violato, della dignità riconosciuta a ogni comunità. Sono mesi - ormai anni - amari quelli che stiamo attraversando – prosegue Mattarella con una punta di rammarico -. Contavamo che l'Europa, fondata su una promessa di pace, non dovesse più conoscere guerre. Ai confini d'Europa, invece, anzi dobbiamo dire dentro il suo spazio di vita, guerre terribili stanno spargendo altro sangue e distruggendo ogni remora posta a tutela della dignità degli esseri umani. Bisogna interrompere il ciclo drammatico di terrorismo, di violenza, di sopraffazione, che si autoalimenta e vorrebbe perpetuarsi. Questo è l'impegno della Repubblica Italiana». Valori, ricorda il Capo dello Stato, «che gli italiani vollero consacrati con la scelta della Repubblica e la Costituzione. Con - tra le altre - una affermazione solenne: il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Sono le poche parole dell'articolo 11 che contiene le ragioni, le premesse del ruolo e delle posizioni del nostro Paese nella comunità internazionale: costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo».